venerdì 29 agosto 2025

Temi da sviluppare

15. Quando l’arte incontra la scienza: collaborazioni sorprendenti Arte e scienza non sono mondi separati, ma linguaggi diversi per interpretare la realtà. Da Leonardo a Olafur Eliasson, molti artisti hanno dialogato con fisici, astronomi, biologi o neuroscienziati. Le collaborazioni recenti tra arte e intelligenza artificiale, bioarte, arte ambientale o arte generativa aprono nuovi scenari estetici e cognitivi. Raccontare queste sinergie può incuriosire anche il pubblico non specialistico, mostrando come la creatività e la conoscenza siano sorelle più che rivali. Una sezione dedicata potrebbe presentare progetti, mostre o protagonisti di questo affascinante incrocio.

19. L’arte urbana: dai graffiti ai murales d’autore L’arte non sta solo nei musei. Le città sono ormai veri e propri musei a cielo aperto. Murales, graffiti, interventi di street art raccontano storie collettive e tensioni sociali, danno colore e senso a spazi dimenticati. Si può parlare di artisti come Banksy, Blu, JR, ma anche valorizzare progetti locali. Ogni articolo può presentare un’opera, un quartiere, un evento di arte urbana, con foto e descrizione. Un modo per guardare le città con occhi nuovi.

20. Quando l’arte si fa terapia: musei e salute mentale Sempre più studi dimostrano l’effetto benefico dell’arte sul benessere psicologico. Alcuni musei offrono visite guidate per persone con disturbi cognitivi o emotivi, altri organizzano laboratori per la salute mentale. L’arte terapia è ormai una disciplina riconosciuta. Raccontare questi progetti significa promuovere un’idea dell’arte come strumento di cura, accessibile a tutti. Ogni scheda può presentare un’esperienza, un approccio terapeutico, una testimonianza diretta. Così l’arte esce dall’élite e si fa esperienza condivisa.

37. Artisti e intelligenza artificiale: una nuova era creativa L'intelligenza artificiale non è più solo uno strumento per scienziati o ingegneri: anche il mondo dell'arte ne è profondamente influenzato. Alcuni artisti emergenti e affermati stanno già utilizzando AI per creare opere ibride, generare immagini, comporre musica o persino scrivere poesie. Questo fenomeno solleva domande interessanti: l'opera è dell'artista o dell'algoritmo? Qual è il ruolo dell'ispirazione in un'arte generata da dati? Approfondire questi temi permette di comprendere come la tecnologia stia trasformando il concetto stesso di creatività.




giovedì 28 agosto 2025

Corso di storia dell'arte: Chuck 1940

Chuck 1940



Close ⟨klóus⟩, Chuck (propr. Charles Thomas). - Pittore statunitense (n. Monroe, Washington, 1940). Si è formato a Seattle (University of Washington) e, dopo aver frequentato i corsi di pittura di P. Guston e di fotografia di W. Evans nella Yale summer school of music and art (1961), ha conseguito il Master of fine arts (1964) nella Yale University; ha poi studiato alla Akademie der bildenden Künste di Vienna (1964-65). Stabilitosi a New York nel 1967, abbandonate le prime esperienze legate alla lezione di J. Pollock e W. de Kooning, usando l'immagine fotografica e l'aerografo come base della sua operazione artistica, incentrata sul tema del ritratto, si è imposto come uno dei più significativi esponenti dell'iperrealismo. Dopo i primi grandi ritratti in bianco e nero nei quali la griglia usata per l'ingrandimento dell'immagine è completamente nascosta (Big self-portrait, 1967-68, Minneapolis, Walker art center; Richard, 1969, Aquisgrana, Ludwig Forum), C. ha lasciato evidente la struttura delle sue opere (dipinti, disegni, incisioni) riempiendone gli spazi con tecniche e materiali diversi (matita, inchiostro, cartapesta, olio, tempera, applicati con le dita, con il pennello, ecc.). Nonostante la paralisi che lo ha colpito nel 1988, C. ha continuato a dipingere, ottenendo dalla complessa tessitura cromatica e segnica immagini caleidoscopiche di grande intensità (Kiki, 1993, Minneapolis, Walker art center; Self-portrait, 1997, coll. privata) e nel 2000 ha realizzato le incisioni Lyle e Self-Portrait/Scribble/Etching Portfolio. Accolta nelle più importanti collezioni e rassegne di arte contemporanea, la sua opera è stata oggetto di grandi mostre: nel 1994 a Baden Baden (Staatliche Kunsthalle) e nel 1998 a New York (Museum of modern art); nel 2001 gli è stata dedicata a San Francisco la personale Chuck Close Self-portraits, 1967-2001 (Fraenkel Gallery) e nel 2002 a Roma (American Academy) la sua prima mostra in Italia, Chuck Close: portraits.

Corso di storia dell'arte: Kawaguchi 1940

Kawaguchi 1940




Tatsuo Kawaguchi è una pittrice giapponese del XX °  secolo , nato nel 1940 a Kobe .  Studente della Tama University of Fine Arts di Tokyo , si è laureato nel 1962. Ha preso parte a numerosi eventi di gruppo, in particolare nel 1965-1966 in quelli del Gruppo I di cui faceva parte; 1970 Decima Biennale di Tokyo ; 1972 Prima Biennale di Kyoto ; nel 1973, terza Biennale di Parigi ; nel 1974 Arte giapponese oggi al Montreal Museum of Contemporary Art; eccetera. Fa anche mostre personali in Giappone dalla prima a Osaka nel 1962. Nel 1968 e nel 1973, ha ricevuto il Premio JAFA. Insegna all'Università di Akashi . Fin dai suoi inizi, il suo interesse per l'arte concettuale appare nella sua pittura. Quindi usa la luce, il video, la foto, il film, come nuovi media. Realizza assiemi di riferimento, distribuiti nello spazio, alcuni dei quali sono elettricamente eccitati.

Corso di storia dell'arte: Paolini 1940

 Giulio Paolini 1940







Giulio Paolini (Genova, 5 novembre 1940) è un artista, pittore e scultore italiano, la cui produzione si inscrive in un ambito di ricerca di matrice concettuale. Vive e lavora a Torino. Dopo l'infanzia trascorsa a Bergamo, nel 1952 si trasferisce con la famiglia a Torino. Frequenta l'Istituto Tecnico Industriale Statale per le Arti Grafiche e Fotografiche, diplomandosi nel 1959 nella sezione di Grafica. Fin da giovane si interessa all'arte, prima frequentando musei e gallerie e consultando periodici d'arte, poi, verso la fine degli anni cinquanta, sperimentando le prime prove pittoriche. La scoperta della grafica di impronta moderna durante gli studi e la presenza in casa di riviste d'architettura – il fratello maggiore, Cesare (1937-1983), è architetto – contribuiscono a orientarlo ad una linea di ricerca tesa verso l'azzeramento dell'immagine. Nel 1960 realizza la sua opera d'esordio, Disegno geometrico, costituita dalla squadratura a inchiostro della superficie di una tela dipinta a tempera bianca. Questo gesto preliminare di qualsiasi rappresentazione rimarrà il punto di “eterno ritorno” dell'universo di pensiero paoliniano: momento topico e istante originario che rivela l'artista a sé stesso, rappresenta il fondamento concettuale di tutto il suo lavoro futuro. Nei primi anni sessanta Paolini sviluppa la propria ricerca focalizzando l'attenzione sui componenti stessi del quadro, sugli strumenti del pittore e sullo spazio della rappresentazione. Nella sua prima mostra personale, nel 1964 a Roma alla Galleria La Salita diretta da Gian Tommaso Liverani, presenta una serie di pannelli di legno grezzo appoggiati alla parete, che suggeriscono l'idea di una mostra in allestimento. L'esposizione è visitata da Carla Lonzi e Marisa Volpi, che di lì a poco scriveranno i primi testi critici sul giovane artista. Nel 1965 Paolini introduce la fotografia, che gli consente di estendere la propria indagine alla relazione tra autore e opera (Delfo, 1965; 1421965, 1965). Nello stesso anno, grazie a Carla Lonzi, conosce Luciano Pistoi, titolare della Galleria Notizie a Torino, che lo avvicina a una nuova cerchia di amici e collezionisti e diventa il suo principale mercante fino all'inizio degli anni settanta. Tra il 1967 e il 1972 il critico Germano Celant lo invita a partecipare alle mostre sull'Arte Povera, che sanciscono l'associazione del suo nome a questa tendenza. Di fatto, la posizione di Paolini si distingue nettamente dal clima vitalistico e dalla “fenomenologia esistenziale” che distingue le proposizioni degli artisti appoggiati da Celant. Paolini dichiara ripetutamente la sua intima appartenenza alla storia dell’arte e si identifica in modo programmatico con l'io collettivo degli artisti che lo hanno preceduto. A questo intento, estraneo al panorama militante della fine degli anni sessanta, vanno ricondotte alcune tra le sue opere più note: Giovane che guarda Lorenzo Lotto (1967), gli “autoritratti” da Poussin e da Rousseau (1968) e i quadri in cui riproduce particolari di dipinti antichi (L'ultimo quadro di Diego Velázquez, 1968; Lo studio, 1968). Tra i principali riferimenti paoliniani di questi anni figurano Jorge Luis Borges, cui rende più volte omaggio, e Giorgio De Chirico, dal quale prende in prestito la frase costitutiva del lavoro Et.quid.amabo.nisi.quod.ænigma est (1969). Gli anni settanta coincidono con i primi riconoscimenti ufficiali: dalle mostre all'estero che lo inscrivono nel circuito delle gallerie d'avanguardia internazionali, alle prime esposizioni nei musei. Nel 1970 partecipa alla Biennale di Venezia con l'opera Elegia (1969), in cui utilizza per la prima volta un calco in gesso di un soggetto antico: si tratta di un calco dell'occhio del David di Michelangelo con un frammento di specchio applicato sulla pupilla. Tra le tematiche di rilievo in questo decennio figura lo sguardo retrospettivo sul proprio lavoro: dalla citazione letterale di dipinti illustri giunge all'autocitazione, proponendo una storicizzazione in prospettiva delle sue opere. Lavori come La visione è simmetrica? (1972) o Teoria delle apparenze (1972) alludono all'idea del quadro come contenitore potenziale di tutte le opere passate e future. Nella stessa linea d'intenti si colloca anche il motivo della prospettiva (La Doublure, 1972-73): la visione prospettica disegna uno spazio illusorio, che crea una distanza fondamentale rispetto all'opera. Altro tema indagato con particolare interesse in questo periodo è quello del doppio e della copia, che trova espressione soprattutto nel gruppo di lavori intitolati Mimesi (1975-76), costituiti da due calchi in gesso di una statua antica collocati uno di fronte all'altro, a porre in questione il concetto stesso di riproduzione e rappresentazione. Gli anni ottanta costituiscono il periodo più denso di mostre e retrospettive, accompagnate da importanti pubblicazioni monografiche. Nella prima metà del decennio inizia ad affermarsi una dimensione esplicitamente teatrale, segnata da lavori e allestimenti articolati nello spazio e contraddistinti da frammentazione e dispersione (La caduta di Icaro, 1982; Melanconia ermetica, 1983), nonché dall'introduzione di figure teatrali, quali i valets de chambre settecenteschi e altre controfigure dell'autore, indumenti e oggetti (Place des Martyrs, 1983; Trionfo della rappresentazione, 1984; Les instruments de la passion, 1986). La poetica paoliniana si arricchisce notevolmente di attributi letterari e riferimenti mitologici; il repertorio iconografico si estende fino a includere immagini cosmiche. Negli ultimi anni ottanta la riflessione paoliniana verte principalmente sull'atto stesso dell'esporre. A partire dalla personale al Musée des Beaux-Arts di Nantes nel 1987 il concetto di esposizione si configura progressivamente come “opera delle opere”: gli allestimenti privilegiano una visione associativa e dialogica dei lavori esposti. Nel corso degli anni novanta l'approfondimento dell'idea di esposizione si declina in altre e nuove modalità: gli allestimenti, sempre più complessi, osservano spesso una tipologia additiva (serialità, giustapposizione), oppure centrifuga (dispersione o disseminazione a partire da un nucleo centrale) o centripeta (concentrazione e sovrapposizione implosiva). Il luogo dell'esposizione diventa il palcoscenico per eccellenza del “teatro dell'opera”, ossia dell'opera nel suo farsi e disfarsi: il luogo che definisce l'eventualità stessa del suo accadere (Esposizione universale, 1992; Teatro dell'opera, 1993; Essere o non essere, 1995). Il compimento dell'opera è peraltro costantemente differito, lasciando lo spettatore in un'attesa perenne: la stessa che l'artista sperimenta sempre da capo al suo tavolo di lavoro, nell'attesa che l'opera si manifesti. Negli anni duemila acquista particolare rilievo – tanto nelle opere quanto negli scritti – un altro tema particolarmente caro a Paolini: l'identità dell'autore, la sua condizione di spettatore, il suo mancato contatto con l'opera, che sempre lo precede e lo supera. La poetica e la pratica artistica di Paolini si connotano, nel suo complesso, come una meditazione autoriflessiva sulla dimensione dell'arte, sulla sua “classicità” senza tempo e sulla sua prospettiva senza punto di fuga. Attraverso la fotografia, il collage, il calco in gesso e il disegno l'intento è sempre di nuovo quello di indagare, con grande rigore concettuale, la natura tautologica e nello stesso tempo “metafisica” della pratica artistica.

Corso di storia dell'arte: Boétti 1940

Alighiero Boétti 1940






Artista concettuale italiano (Torino 1940 - Roma 1994). Esponente dell'arte povera e concettuale, instancabile sperimentatore, B. ha analizzato i temi dell'alternanza, del contrasto, del doppio e della propria identità (significativamente sdoppia il nome in Alighiero & Boetti). Tra le opere: Tutto (1987, ricamo), Autoritratto (1993, bronzo e dispositivo elettrico e idraulico). Vita e opereInterrotti gli studi in economia e commercio si è dedicato da autodidatta all'arte elaborando opere d'ispirazione neodadaista. Esponente del movimento definito dal critico G. Celant arte povera (1967), ha prodotto opere in forme e materiali eterogenei, che esprimono con ironia l'idea del contrasto (peso e leggerezza, trasparenza e opacità, eternità e fugacità) o dell'accumulazione: Colonne (1968, pile di centrini di carta); Cimento dell'armonia e dell'invenzione (1969, percorsi lineari infinitamente variati nati dal ricalco a matita di una carta quadrettata). Lunghi soggiorni in Afghānistān, viaggi in Europa, in Africa, negli Stati Uniti e in Giappone hanno reso più profondo e complesso il suo lavoro. Privilegiando sempre l'aspetto concettuale dell'operazione artistica, B. ha analizzato i temi dell'alternanza, del doppio e della propria identità giungendo significativamente ad adottare il suo nome sdoppiato (Alighiero & Boetti). La sua ricerca, ispirata all'incondizionata libertà dell'espressione artistica e contrassegnata da un costante sperimentalismo, si è esplicata attraverso opere di piccolo formato e progetti di grande impegno: Mappe (serie dal 1971, ricamo); Mettere al mondo il mondo (1972-73, penna a sfera su carta intelata); Tutto (1987, ricamo, Musée national d'art moderne, Parigi); Alternando da uno a cento e viceversa (serie di opere eseguite da artigiani afgani: 1987, ricamo; dal 1991, kilim); Autoritratto (1993, bronzo e dispositivo elettrico e idraulico). B. ha partecipato alle più importanti rassegne di arte contemporanea (When attitudes become form, 1969, Berna, Londra, Krefeld; Documenta di Kassel, 1972, 1982; Biennale di San Paolo, 1975; Biennale di Venezia, dal 1976; ecc.), e rilevanti mostre retrospettive della sua opera sono state presentate alla Galleria Civica di Torino (1996), alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma (1996-97), nonché al Museum für moderne Kunst di Francoforte (1998), alla Whitechapel art gallery di Londra (1999) e alla Biennale di Venezia del 2001 e alla Galleria d'arte moderna e contemporanea di Bergamo (2004). Nel 2009 una mostra curata da A. Bonito Oliva presso il Museo Madre di Napoli ha riproposto a ritroso il lavoro dell'artista nell'arco cronologico dal 1993 al 1962, mentre tra le esposizioni più recenti occorre ancora citare la grande retrospettiva allestita al Museo Reina Sofia di Madrid (2011) e trasferitasi l'anno successivo alla Tate Modern di Londra e al MoMA di New York, e la mostra Alighiero Boetti a Roma ospitata al MAXXI (2013).

Corso di storia dell'arte: Baselitz 1938

Baselitz 1938


Baselitz ⟨bàaʃëliz⟩, Georg. - Nome d'arte del pittore e scultore tedesco Hans-Georg Kern (n. Deutschbaselitz, Sassonia, 1938). Esponente di spicco della pittura espressionista, la sua ricerca pittorica è stata caratterizzata dalla scelta di colori violenti su quadri dalle grandi dimensioni dove prevalgono soggetti familiari e temi afferenti il disagio e la malattia mentale. Nella scultura e nella grafica, dopo essersi riappropriato della tradizione germanica, ha elaborato una ricerca originale in cui si evidenziano anche spunti desunti dall'arte italiana. Vita e opereEspulso per "immaturità sociopolitica" dalla Hochschule für bildende Künste di Berlino Est, ha completato gli studi (1957-62) alla Hochschule für bildende Künste di Berlino Ovest con H. Trier (1915-1999), esponente della pittura informale tedesca. Fin dalle sue prime opere B. si è espresso attraverso uno stile caratterizzato dall'uso di materie dense, cromaticamente accese, e da una gestualità violenta; con l'isolamento, la frammentazione e, dal 1969, il capovolgimento del soggetto ha superato le forme tradizionali della composizione e della prospettiva in opere di grande formato, nelle quali un ruolo primario giocano ricordi autobiografici di luoghi e di persone, memorie storiche e riferimenti culturali. Dai primi anni Ottanta l'artista ha sperimentato questo suo approccio materico-gestuale anche nel campo dell'incisione e della scultura; in quegli stessi anni, parallelamente all'emergere del neoespressionismo, la sua ricerca ha cominciato a ottenere più ampi riconoscimenti (nel 1986 il Keiserring di Goslar). B. ha insegnato pittura alla Staatliche Akademie der Bildenden Künste a Karlsruhe (dal 1978) e, dal 1983, alla Hochschule der Künste di Berlino. All'opera di B., presente nelle più significative collezioni e rassegne di arte contemporanea, sono state dedicate importanti mostre: nel 1990 alla Nationalgalerie im Alten Museum di Berlino, nel 1992 alla Kunsthalle der Hypo-Kulturstiftung di Monaco, nel 1995 al S. R. Guggenheim Museum di New York, nel 1999 al Deutsche-Guggenheim di Berlino e nel 2018 alla Fondazione Beyeler di Basilea. In Italia, dove B. ha spesso soggiornato e lavorato (a partire dal 1965, anno in cui gli fu assegnata una borsa di studio a Firenze), le sue opere, oltre che alla Biennale di Venezia (1980, 1995), sono state esposte in particolare a Firenze (1988, Palazzo Vecchio), Bologna (1997, Galleria d'arte moderna) Genova (2004,Palazzo della Borsa Nuova), Napoli (2008, Museo Madre) e Roma (2017, Palazzo delle esposizioni). Nel 1989 è stato insignito in Francia dell'onorificenza di Chevalier de l'ordre des arts et des lettres e nel 2002 di Commandeur de l'ordre des arts e des lettres.

Corso di storia dell'arte: Rückriem 1938

Rückriem 1938







Ulrich Rückriem (nato il 30 settembre 1938) è uno scultore tedesco noto per le sue sculture monumentali in pietra. Vive e lavora a Colonia e Londra . Le sue opere d'arte astratte sono spesso assegnate allo stile del minimalismo  e alla process art .Nato a Düsseldorf , Rückriem ha lavorato come apprendista scalpellino a Düren , poi ha lavorato come operaio presso i laboratori Dombauhütte della cattedrale di Colonia. Successivamente, a causa della sua stretta collaborazione con la Galleria Konrad Fischer, Düsseldorf, entrò in contatto con artisti e colleghi come Carl Andre , Richard Long , Sol LeWitt , Royden Rabinowitch. Dal 1963 lavora come artista free-lance. Per alcuni anni ha condiviso uno studio con Blinky Palermo , prima di iniziare la sua carriera accademica, alla Hochschule für bildende Künste Hamburg (a partire dal 1974), dal 1984 alla Kunstakademie Düsseldorf , e infine alla Städelschule , Negli anni '60 e '70 Rückriem ha lavorato nella cava di Dolomite ad Anldorf , seguirono il museo Städel di Francoforte sul Meno , lo Stedelijk Museum di Amsterdam e la Neue Nationalgalerie di Berlino. Rückriem è stato invitato a partecipare alla documenta i. Molte delle opere d'arte di Rückriem sono accessibili al pubblico come arte pubblica , principalmente in Germania, ma anche in Spagna, Francia, Inghilterra, Irlanda e altri. Uno di questi è particolarmente impressionante Siglo XX (1995), un'installazione in campo aperto vicino alla località di Abiego (Spagna). Consiste di 20 stele di granito di O Porriño , disposte in modo analogo al puzzle delle otto regine .Un'installazione permanente di circa 100 sculture di Rückriem si trova presso le Sculpture Halls Ulrich Rückriem a Sinsteden, vicino a Colonia. Le sale e la presentazione sono state ideate dall'artista stesso.

Corso di storia dell'arte: Buren 1938

Buren 1938










Daniel Buren (Boulogne-Billancourt, 25 marzo 1938) è un pittore e scultore francese. Formatosi all'Ecole des Métiers d'Art ha basato tutta la sua produzione giovanile su una stoffa da tende a righe di 8,7 cm alternativamente bianche e colorate. Negli anni '80 ha abbandonato la pittura in favore delle installazioni architettoniche permanenti su spazi pubblici, tra cui Les Deux Plateaux al Palais-Royal di Parigi. Quasi tutte le sue opere non esistono fuori dal tempo e dallo spazio per i quali sono state concepite: la maggior parte di esse sono dunque state distrutte dopo la loro presentazione. Nel 1986 ha partecipato alla Biennale di Venezia aggiudicandosi il Leone d'Oro per il miglior padiglione. In Italia, a Colle Val d'Elsa, nell'ambito della riqualificazione del centro della città bassa (progetto coordinato dall'Atelier di Jean Nouvel), si è occupato della ripavimentazione della centrale Piazza Arnolfo di Cambio. Nel 2004 crea la decorazione a mosaico del soffitto della grande hall d'ingresso del Museo Fabre di Montpellier. Nel 2005 realizza Partitions colorées nel Nuovo Padiglione di Emodialisi di Pistoia, su invito di Giuliano Gori. Nel 1999 ha partecipato al progetto Luci d'artista a Torino con l'installazione Tappeto Volante in Piazza Palazzo di Città. Nel 2005 ha realizzato La cabane eclatèe aux 4 salles presso la Collezione Gori di Santomato a Pistoia. Il 4 febbraio 2010 la Commissione del Bando di Concorso per la riqualificazione architettonica e artistica di Piazza Verdi a La Spezia ha aggiudicato a Buren la riqualificazione della piazza. La Piazza è stata inaugurata il 30 dicembre 2016. Nel 2011 ha realizzato nel parco di Villa la Magia, a Quarrata, "Muri fontane a tre colori per un esagono". Nel 2015 si è occupato della riqualificazione di una piazza della città di La Spezia. Nel 2016 ha realizzato "La scacchiera arcobaleno ondeggiante", installata sul Palatino in occasione di Par tibi, Roma, nihil. 

Corso di storia dell'arte: Ceroli 1938

Mario Ceroli 1938






Mario Ceroli (Castel Frentano, 17 maggio 1938) è uno scultore e scenografo italiano. Formatosi all'Accademia di belle arti di Roma, sotto la guida di Leoncillo Leonardi, Pericle Fazzini e Ettore Colla, di cui diventa assistente, indirizza il suo interesse sulle opere in ceramica e riproduceva inizialmente sculture di ceramica. Nel 1957 sperimenta l’uso del legno, prevalentemente tronchi di albero trapassati da chiodi, con cui nel 1958 vince il premio per la giovane scultura italiana. Alla fine degli anni Cinquanta, il legno diventa il suo materiale espressivo prediletto. Negli anni Sessanta intaglia grandi sagome umane nel legno grezzo che spesso ripetute in modo seriale, diventando un segno distintivo di gran parte della sua produzione. È quindi negli anni sessanta, impressionato dalla Pop art tramite le opere di Louise Nevelson e di Joe Tilson, che arriva ai materiali e alle forme che avrebbero caratterizzato successivamente le sue creazioni: silhouette di oggetti sagomate inlegno, prive di colore, talvolta ripetute in serie (Ultima Cena, 1965, Galleria nazionale d'arte moderna a Roma; Uomo di Leonardo, 1964; La Cina, 1966, La Grande Cina, 1968), connesse ad uno spazio che diventa tema essenziale (Cassa Sistina, 1966), oppure tracciate a tempera e a inchiostro (La porta, il cenacolo, 1981; Giorno, Notte, 1982). Il Centro studi e archivio della comunicazione di Parma conserva un fondo dedicato a Ceroli, consistente di 2 sculture, pubblico e parzialmente consultabile per motivi conservativi. Nel 1967-1968 prese parte alle mostre del gruppo dell'Arte povera, di cui Ceroli può essere considerato un precursore in quanto già agli inizi degli anni ’60 introduce nelle sua produzione artistica materiali come: legni bruciati, vetri, piombo, stracci ghiaccio, carta, cenere etc. . Nel 1966 Cassa Sistina, viene premiata alla Biennale di Venezia. Le forme, sagomate nel legno, comprendono lettere, numeri, geometrie, oggetti, riconducibili alla ricerca Pop e alla reinterpretazione dei grandi classici della storia dell’arte: da Leonardo da Vinci a Michelangelo a P. Uccello, fino a G. De Chirico. Contemporaneamente realizza allestimenti scenici per il teatro, il cinema e la televisione. Infatti il carattere "invasivo" del suo lavoro lo porta a sconfinare nel cinema, nella scenografia, nel disegno di ambienti, nella progettazione di chiese e del loro arredo interno, fino a un progetto, mai completato, di teatro. Ha realizzato a Bologna nel 1988 la cosiddetta "Casa del Nettuno", un contenitore ligneo decorato con la silhoutte Uomo galleggiante, che ha costituito il cantiere di restauro della statua bronzea del Nettuno del Giambologna. Suo è l'Unicorno alato (1990), in legno rivestito di oro, esposto all'ingresso della sede Rai di Saxa Rubra. Ha curato l'arredo della chiesa di Porto Rotondo (1971), di Santa Maria Madre del Redentore di Tor Bella Monaca, a Roma, nel 1987 e di San Carlo Borromeo al Centro Direzionale di Napoli, nel 1990. Ha svolto anche un'intensa attività di scenografo, collaborando con il Teatro Stabile di Torino (scenografia del Riccardo III di Shakespeare, 1968, per cui ha realizzato la scultura La grande cina, invenzione che vede in scena il sistema delle grandi sagome umane i cui movimenti sono sospesi in uno spazio metafisico, oggi conservata allo CSAC di Parma) e con la Scala di Milano, 1972 (scenografia della Norma di Vincenzo Bellini). Dalla metà degli anni Ottanta introduce nella sua opera l’uso di lastre di vetro e realizza numerose installazioni monumentali in spazi pubblici, tra cui il Cavallo alato del Centro Rai di Saxa Rubra a Roma (1990). Nelle sue sculture, frequenti le citazioni da famose opere del passato, come da quelle di Leonardo, di cui ha parafrasato con i suoi legni il disegno dell'"uomo vitruviano" (Disequilibrium, 1967) e l'Ultima Cena (legno dipinto, 1981). Nel 1997 donò al paese d'origine, Castel Frentano, una copia della scultura lignea L'uomo vitruviano collocandola nel piazzale della Concezione. Nel 2007 è stato chiamato dal Palazzo delle Esposizioni di Roma a partecipare alla sua riapertura ufficiale, dopo lunghi anni di lavori di ristrutturazione, con una scelte delle sue principali opere. Autore del proprio ambiente di vita e di lavoro, Ceroli ha raccolto alle porte di Roma, in uno spazio di 3000 metri quadrati i suoi lavori, in una sorta di casa-museo, luogo straordinariamente suggestivo che raccoglie i suoi lavori, oltre 500, in una specie di museo in continuo mutamento e accrescimento, che avrebbe intenzione di aprire al pubblico per renderlo vivo, fruibile, utile come stimolo e modello alle più recenti generazioni di artisti.

Corso di storia dell'arte: Kleeman 1937

Kleeman 1937


Ron Kleemann (24 luglio 1937-30 maggio 2014) è stato un pittore fotorealista americano . Kleemann è stato riconosciuto come uno degli artisti originali del movimento del fotorealismo . Il suo lavoro è solitamente quello di veicoli lucidi e dipinti a colori vivaci a volte concentrandosi solo su alcune parti.  Kleemann iniziò a usare le fotografie come ausili per i suoi dipinti nel 1968. Questi primi dipinti avevano soggetti come camion e automobili. Alcuni dei dipinti erano sovrapposti a parti del corpo maschile e femminile. All'inizio degli anni '70, Kleemann iniziò a dipingere primi piani estremi di auto da corsa e camion. Questa serie di dipinti lo ha reso un'icona del fotorealismo e ha consolidato la sua posizione tra i fotorealisti originali.

Corso di storia dell'arte: De Andrea 1941

De Andrea 1941 John De Andrea (Denver, 24 novembre 1941) è un artista e scultore statunitense. La sua opera è legata alla corrente dell'...