sabato 24 maggio 2025

Corso di storia dell'arte: 68 Cimabue 1240

Cenni (Bencivieni) di Pepo detto Cimabue 1240 



Cimabue, pseudonimo di Cenni (Bencivieni) di Pepo (Firenze, 5 o 19 settembre 1240 circa – Pisa, 24 gennaio 1302), è stato un pittore italiano. Si hanno notizie di lui dal 1272, e Dante lo citò come il maggiore della generazione antecedente a quella di Giotto, parallelamente al poeta Guido Guinizelli e al miniatore Oderisi da Gubbio. Secondo il Ghiberti e il Libro di Antonio Billi fu al contempo maestro e scopritore di Giotto. Vasari lo indicò come il primo pittore che si discostò dalla «scabrosa goffa e ordinaria […] maniera greca», ritrovando il principio del disegno verosimile «alla latina». A Cimabue spetta però un passo fondamentale nella transizione da figure ieratiche e idealizzate (di tradizione bizantina) verso veri soggetti, dotati di umanità ed emozioni, che saranno alla base della pittura italiana e occidentale. Fu un pittore di spregiudicata capacità innovatrice (si pensi agli espedienti con cui rese drammatica come mai prima di allora la Crocifissione ad Assisi, oppure all'incredibile inclinazione del Crocifisso di Santa Croce), che pur senza staccarsi mai dai modi propriamente bizantini, li portò alle estreme conseguenze, a un passo dal rinnovamento già perseguito in scultura da Nicola Pisano e in pittura poi da Giotto. Studi recenti hanno dimostrato come in realtà il rinnovamento operato da Cimabue non fosse poi assolutamente isolato nel contesto europeo, poiché la stessa pittura bizantina mostrava dei segni di evoluzione verso una maggiore resa dei volumi ed un migliore dialogo con l'osservatore. Per esempio negli affreschi del monastero di Sopoćani, datati 1265, si notano figure ormai senza contorno dove le sfumature finissime evidenziano la rotondità volumetrica. D'altronde lo stesso Vasari, cui tanto si deve nell'attribuzione a Cimabue dell'avvio della rinascenza della pittura italiana, afferma che egli ebbe "maestri greci". Le notizie certe, ossia suffragate da documenti, sulla vita di Cimabue sono molto esigue: presente a Roma nel 1272; incaricato di realizzare un cartone per il mosaico del catino absidale del Duomo di Pisa il 1º novembre 1301; morto a Pisa nel gennaio 1302. Da queste pochissime informazioni i critici e gli storici dell'arte hanno ricostruito, non senza controversie e incertezze, il catalogo delle opere. La data di nascita approssimativa si basa sulla menzione di Vasari e su un calcolo dell'età che doveva avere nel 1272, quando a Roma venne citato come testimone in un atto pubblico di notevole importanza, quindi verosimilmente sui trent'anni. In tale documento viene anche ricordato il luogo di nascita dell'artista, "Florentia", confermata anche nel documento pisano. Priva di riscontri la menzione di Giovanni Villani che l'artista si chiamasse "Giovanni" e Cimabue di cognome. Il documento di Roma, datato 8 giugno 1272 registra la testimonianza del pittore sul patronato che il cardinale Ottobono Fieschi assunse su incarico di papa Gregorio X di un monastero di monache di San Damiano che per l'occasione, fu ridedicato a Sant'Agostino e alla sua Regola. A Roma dovette conoscere l'arte classica e la scuola locale. La ricostruzione della cronologia delle opere basata su dati stilistici dalla recente e rigorosa analisi di Luciano Bellosi pone l'artista al lavoro a Firenze, Pisa e Bologna alla fine degli anni settanta e all'inizio della decade successiva. In questo periodo avrebbe realizzato, tra le altre opere, il crocifisso di Santa Croce, la Maestà del Louvre e i mosaici del battistero di Firenze. Gli anni ottanta dovettero essere il momento di massima popolarità dell'artista, con l'incarico di decorare transetto e abside della Basilica superiore di San Francesco, impresa realizzata tra il 1288 e il 1292 circa. Già dagli anni novanta il suo astro dovette iniziare ad essere oscurato da quello dell'allievo Giotto, come registrò la celebre menzione dantesca. Ci fu comunque spazio per un'opera celebre come la Maestà di Santa Trinita. Come già accennato, il 1 e il 5 novembre 1301 era a Pisa, dove firmò per l'esecuzione di una grande Maestà con storie sacre per la chiesa dell'ospedale di Santa Chiara, da eseguire in collaborazione col lucchese Giovanni di Apparecchiato, detto "Nuchulus": opera perduta o forse mai eseguita per la morte dell'artista. Il 19 marzo 1302 infatti, appena quattro mesi dopo, un documento fiorentino parla degli "eredi" di Cimabue riguardo a una casa nel popolo di San Maurizio a Fiesole. Il 4 luglio di quell'anno al camerlengo di Pisa vengono consegnati alcuni oggetti (i guanti di ferro, una tovaglia e altro) appartenuti al pittore, che quindi doveva essere morto mentre attendeva a un lavoro per il Duomo di Pisa, ovvero i cartoni per il mosaico nella calotta absidale.

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