Duccio di Buoninsegna 1255
Duccio di Buoninsegna (Siena, 1255 circa – 1318 o 1319) è stato un pittore italiano, tradizionalmente indicato come il primo maestro della scuola senese.L'arte di Duccio aveva in origine una solida componente bizantina, legata in particolare alla cultura più recente del periodo paleologo, e una notevole conoscenza di Cimabue (quasi sicuramente il suo maestro nei primi anni di attività), alle quali aggiunse una rielaborazione personale in senso gotico, inteso come linearismo ed eleganza transalpini, una linea morbida e una raffinata gamma cromatica. Col tempo lo stile di Duccio raggiunse esiti di sempre maggiore naturalezza e morbidezza e seppe anche aggiornarsi alle innovazioni introdotte da Giotto, quali la resa dei chiaroscuri secondo una o poche fonti di luce, la volumetria delle figure e del panneggio, la resa prospettica. Il suo capolavoro, ovvero la Maestà del Duomo di Siena, è un'opera emblematica dell'arte del Trecento Italiano. «Duccio […] attese alla imitazione della maniera vecchia, e con giudizio sanissimo diede oneste forme alle sue figure , le quali espresse eccellentissimamente nelle difficultà di tale arte.» (Giorgio Vasari) Duccio, figlio di Buoninsegna, nacque probabilmente poco oltre la metà del Duecento, intorno al 1255. I primi documenti su di lui risalgono al 1278 e si riferiscono a pagamenti per copertine di libri contabili e per dodici casse dipinte destinate a contenere documenti del Comune di Siena. Tali opere sono oggi perdute. La prima opera di Duccio che è invece giunta fino ai nostri giorni è la cosiddetta Madonna Gualino che si trova oggi alla Galleria Sabauda di Torino (la provenienza originaria è ignota). Dipinta intorno al 1280-1283, riporta uno stile molto simile a quello di Cimabue, a tal punto da essere stata attribuita a lungo al maestro fiorentino anziché a Duccio. La tavola ricorda effettivamente le Maestà di Cimabue, nell'impostazione generale, nella forte derivazione bizantina e assenza di tratti gotici, nei tratti somatici della Madonna, nella veste del bambino e nell'uso dei chiaroscuri. Questa forte derivazione cimabuesca, che resterà evidente anche in opera successive seppure sfumando gradatamente, ha fatto pensare che ci fosse un rapporto di maestro-allievo tra il più anziano Cimabue e il più giovane Duccio. Tuttavia già in questa prima opera giovanile di Duccio ci sono elementi nuovi rispetto a Cimabue: una ricchezza cromatica che porta a colori che non appartengono al repertorio fiorentino (quali il rosa della veste del piccolo, il rosso vinato della veste della Madonna e il blu del suppedaneo), il naso a patatina del piccolo che rende il suo volto più dolce e fanciullesco, la matassa lanosa di crisografie bizantine della veste di Maria. Ma sono comunque dettagli. La tavola è decisamente cimabuesca. Nella successiva Madonna di Crevole del 1283-1284, che proviene dalla Pieve di Santa Cecilia a Crevole e che è oggi esposta al Museo dell'Opera della Metropolitana di Siena, si nota una maggiore divergenza rispetto allo stile di Cimabue. La Madonna ha un volto più dolce e raffinato, pur non tradendo un'espressione che rimane ancora seria e profonda. Permane il naso a patatina del piccolo che si lascia però andare anche ad un gesto affettuoso verso la madre. Agli stessi anni risalgono anche alcune pitture a secco, purtroppo molto rovinate, che si trovano nella Cappella Bardi (un tempo intitolata a san Gregorio Magno) della Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze. Si tratta di due pitture a secco nelle lunette in alto a sinistra e a destra della cappella e che raffigurano, rispettivamente, San Gregorio Magno tra due flabelliferi e Cristo in trono tra due angeli. Anche in questo caso non si può non notare la forte derivazione da Cimabue, ma è proprio l'eleganza dei volti degli angeli e la matassa fasciante della veste di Cristo in trono a farci apprezzare, di nuovo, il distacco dal maestro fiorentino.
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