sabato 1 marzo 2025

Corso di Storia dell'arte: 63 Pittura gotica






La pittura nel periodo gotico subì uno scarto temporale notevole rispetto alle altre arti arrivando a un rinnovamento con un ritardo di tre-quattro decenni, grazie alla scuola italiana (in particolare toscana e forse romana). Solo nella seconda metà del XIII secolo, bruciando velocemente le tappe, la pittura arrivò a rinnovarsi pienamente, grazie all'opera di Giotto. I motivi di questo ritardo furono probabilmente legati ai modelli diversi che pittura e scultura ebbero: in epoca romanica la scultura si era già rinnovata, riscoprendo in alcuni casi le opere della classicità ancora esistenti, mentre per la pittura il modello principale di riferimento era comunque la scuola bizantina. Con la conquista di Costantinopoli durante la quarta crociata (1204) e con la formazione dei Regni latini d'Oriente, il flusso di opere pittoriche e mosaicistiche bizantine si era addirittura infittito. Nella seconda metà del Duecento, all'epoca di Nicola Pisano, lo scollamento tra vivacità narrativa, resa naturalistica e forza espressiva tra scultura e pittura giunse al culmine, con i pittori disarmati di fronte alle straordinarie novità introdotte dagli scultori. Nel giro di due generazioni però i pittori seppero bruciare le tappe, rinnovando modelli e linguaggio, fino a arrivare anche nelle arti pittoriche a recuperare spazialità, vivacità narrativa, figure credibili e ambientazioni architettoniche o paesistiche verosimili. La pittura fu anche avvantaggiata nel rinnovo dall'avere una committenza più ampia, per via dei costi decisamente più economici. Dal romanico la pittura, specialmente in Italia centrale, aveva ereditato la diffusione delle tavole dipinte, appoggiate dagli ordini mendicanti per la loro pratica trasportabilità. I principali soggetti non erano molti: Crocifissi sagomati, speso appesi al termine delle navate delle chiese per suscitare la commozione dei fedeli; Madonne col Bambino, simboli dell'Ecclesia e simbolo di un rapporto madre/figlio che umanizza la religione; Raffigurazioni di santi, tra i quali spiccano le nuove iconografie legate alla figura di san Francesco d'Assisi.
Tra i maestri del Duecento italiano ci furono Berlinghiero Berlinghieri e Margaritone d'Arezzo, entrambi ancora pienamente bizantini, ma che iniziano a mostrare alcuni caratteri tipicamente occidentali. In seguito Giunta Pisano arrivò al limite delle possibilità dell'arte bizantina, sfiorando la creazione di uno stile tipicamente "italiano". Questo limite venne superato da Cimabue, il primo, secondo anche Giorgio Vasari che si discostò dalla "stupida e poco agile e ordinaria [...] maniera greca". Nel cantiere della basilica superiore di Assisi si formò infine un nuovo stile occidentale moderno, con i celebri affreschi attribuiti a Giotto. Studi recenti hanno comunque in parte ridimensionato la portata innovatrice della scuola italiana, mostrando come anche in ambito bizantino la pittura si stesse evolvendo (ad esempio con gli affreschi del monastero di Sopoćani, datati 1265). Oltre alla scuola giottesca (Taddeo Gaddi, Giottino, il Maestro della Santa Cecilia, Maso di Banco, ecc.) ebbe in seguito grande importanza anche la scuola senese con maestri quali Duccio di Buoninsegna, Pietro e Ambrogio Lorenzetti e Simone Martini. Riscoperta piuttosto recente è anche l'importanza della scuola romana con Pietro Cavallini, Jacopo Torriti e altri. Personalità più indipendenti furono Buonamico Buffalmacco o Vitale da Bologna.

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