Leonardo da Vinci 1452








L. non ha diretto o progettato la costruzione di nessun edificio giunto sino a noi: pertanto il suo pensiero architettonico può essere ricostruito in base ai suoi scritti, ai suoi disegni e alla documentazione offerta da alcuni suoi dipinti. L. instaura un tipo di disegno architettonico notevolmente nuovo ai suoi tempi, basato, oltreché sulla pianta e sull'alzato, sullo spaccato, sulla resa corretta della prospettiva a volo d'uccello, sull'eliminazione degli elementi ricavabili per analogia da quelli delineati. La documentazione più ricca, relativa a costruzioni civili e militari, riguarda il suo soggiorno in Lombardia (dal 1482 in poi) dove fu in contatto con D. Bramante. Importanti gli studî sulla pianta centrale (legati al progetto del mausoleo di F. Sforza); L. si occupò anche dei progetti del duomo di Pavia, nonché dei problemi costruttivi del tiburio del duomo di Milano. P. Giovio parla di L. come di "meraviglioso creatore ... soprattutto dei dilettevoli spettacoli teatrali"; infatti l'idea di teatro si evidenzia in L. fino dai suoi esordî fiorentini. Noti anche alcuni progetti di "teatri per udir messa", che contenevano delle novità nella tipologia delle chiese. Particolare sviluppo ebbe un sistema di decorazione basata su intrecci di motivi vegetali e su viticci annodati, ossia "vinci" (sala delle Asse). Notevoli i suoi studî urbanistici in rapporto alla distribuzione del traffico, alla canalizzazione, all'igiene (specialmente nel primo periodo milanese). Anche il problema dell'abitazione del principe fu da lui considerato in rapporto all'organismo urbano (studî per il castello e il borgo di Romorantin, Francia). Si pensa a un intervento di L. nella progettazione del castello di Chambord, iniziato nel 1518 per Francesco I di Francia. L'opera scientificaNella natura L. scorge pitagoricamente una trama di rapporti razionali ("ragioni"), esattamente calcolabili e misurabili, che può essere colta dall'uomo per mezzo dell'esperienza e della ragione: l'esperienza, cui L. dà grande rilievo soprattutto nella sua concreta attività di meccanico e di scienziato, apre la via a una conoscenza diretta della natura, libera dall'autorità della tradizione; la ragione coglie nei fenomeni la legge che li regola poiché "la natura è costretta dalla ragione della sua legge, che in lei infusamente vive". Nei confronti dell'attività scientifica contemporanea e posteriore, l'opera di L. risulta però isolata: sia per le origini particolari della sua ricerca, che partiva da un'esigenza artistica cui costantemente s'intrecciava; sia perché essa si svolgeva al di fuori del tirocinio pratico accademico e degli itinerarî teorici della scienza contemporanea, e quindi né poteva profondamente influenzarla, né comprenderne appieno i problemi attuali e proporsi d'innovarla; sia infine perché le sue osservazioni, per quanto geniali, non furono da lui coordinate in organici sistemi scientifici, e d'altra parte restarono ignote ai contemporanei e agli studiosi di molti secoli successivi. Si può dire che la scoperta di L. scienziato è avvenimento relativamente recente.Anatomia e fisiologiaL. si dedicò con grande fervore anche a studî di anatomia e fisiologia, materie che egli considerava indissolubilmente connesse, proteso com'era a stabilire di ogni organo "l'uso, l'uffizio e il giovamento". I suoi disegni anatomici rappresentano il primo materiale iconografico scientificamente elaborato e aprono la serie dei validi e coraggiosi tentativi di disancoramento dell'anatomia umana dalle concezioni allora imperanti. Numerose furono le dissezioni operate da L. nonostante le difficoltà di diversa natura. I contributi vinciani nell'anatomia e nella fisiologia sono imponenti. In campo osteologico sono particolarmente rilevanti: la scoperta del seno mascellare (detto anche antro di Highmore, dal nome del medico e anatomista inglese che lo descrisse nel 1651); la prima esatta raffigurazione della colonna vertebrale con le sue curve fisiologiche giustamente valutate; la corretta interpretazione dell'osso sacro, considerato come risultante dalla fusione di cinque vertebre (e non di tre, come voleva l'anatomia tradizionale); il riscontro della giusta inclinazione del bacino; ecc. Gli studî sull'apparato muscolare hanno portato L. a compiere la prima rassegna iconografica dei muscoli dell'uomo; a studiare la funzione dei varî muscoli degli arti sostituendoli con fili di rame; a introdurre un originale metodo di studio degli elementi morfologici degli arti, con particolare riguardo ai muscoli, basato sull'impiego di tagli trasversali praticati a piani diversi: questo procedimento, che è usato anche dai moderni anatomisti, e quello della descrizione per strati, pure attuata da L., possono far considerare quest'ultimo come l'iniziatore dell'anatomia topografica. All'apparato cardiocircolatorio L. dedicò diligenti studî che, tra l'altro, lo portarono alla scoperta di quella formazione intracardiaca che oggi in suo onore è chiamata trabecola arcuata di L. da Vinci. L'incorporamento dell'occhio in materiale coagulabile (albume d'uovo), per poterlo tagliare senza pregiudizio dei rapporti dei suoi costituenti, fa di L., in un certo senso, un precursore dei metodi di inclusione usati nella moderna istologia. Egli studiò anche la funzione visiva in quasi tutti i suoi aspetti fondamentali: la visione monoculare e binoculare, il senso stereoscopico, l'acuità visiva, la sensibilità cromatica, le modificazioni pupillari al variare dell'intensità degli stimoli luminosi, il fenomeno della persistenza delle immagini, le illusioni ottiche, la questione della grandezza delle immagini in rapporto all'angolo visivo, le leggi della prospettiva geometrica e aerea, l'applicazione delle leggi fisiche della rifrazione allo studio di alcuni fatti patologici, come la diplopia e la presbiopia. In anatomia artistica, infine, L. pur attenendosi per lo più ai canoni di Vitruvio e di Varrone, formulò alcuni principî antropometrici; così, per es., egli faceva corrispondere la lunghezza del piede a 1/7 di quella dell'intero corpo ("piede leonardesco"), anziché 1/6, come aveva codificato Vitruvio.Aritmetica e geometriaL'aritmetica e la geometria, che trattano con "somma verità della quantità discontinua e della continua", sono per L. fondamento di tutte le scienze naturali, in particolare della meccanica, "paradiso delle scienze matematiche". Tuttavia, le conoscenze matematiche di L. restarono relativamente limitate, poiché si dedicò quasi esclusivamente allo studio di questioni geometriche. Ideò nuovi metodi per calcolare il volume di numerosi solidi, intuendo quei procedimenti geometrici di tipo infinitesimale che saranno più di un secolo dopo scoperti da B. Cavalieri ed E. Torricelli. Infine fu uno dei fondatori della prospettiva aerea, disciplina di natura prettamente artistica che studia le variazioni di intensità luminosa e di gradazione dei toni in rapporto alla distanza.AstronomiaL. non si occupò in modo particolare di astronomia, ma le poche osservazioni che ha lasciato ne mostrano anche in questo campo l'acutezza profonda delle intuizioni. Disegnò le macchie della Luna, le cui parti brillanti considerò dovessero essere mari e quelle oscure "isole e terra ferma". A lui è pure dovuto il primo tentativo di spiegazione di quel che egli chiama "lustro della luna", cioè del fenomeno della "luce cinerea".BotanicaLe conoscenze botaniche di L. furono certamente notevoli, con osservazioni che vanno al di là dell'interesse iconografico. Nello studio della fillotassi, L. osservò la disposizione quincunciale (2/5), ma attribuì eccessiva importanza alla disposizione delle foglie per la recezione dell'acqua. Inoltre studiò il geotropismo negativo e l'eliotropismo positivo, i movimenti delle linfe negli organismi vegetali e i loro effetti, infine per primo dedusse l'età e l'orientamento originario dei fusti dall'osservazione dei cerchi concentrici della sezione.GeologiaOltre a riaffermare l'origine organica dei fossili, L. indagò acutamente i processi di sedimentazione e di erosione e formulò le leggi delle acque correnti, dedusse il continuo mutare nel tempo dei limiti fra terra e mare, dimostrò infine la sufficienza delle cause attuali per spiegare i fenomeni geologici avvenuti in passato. Le sue geniali intuizioni non poterono però diffondersi ed essere conosciute tra i suoi contemporanei, poiché i codici leonardeschi che più da vicino riguardano questioni di geologia sono stati fatti conoscere solo in epoca recente.Idraulica e aerodinamicaI lavori di ingegneria idraulica portarono L. a occuparsi del moto dell'acqua. Oltre a intuire alcuni principî fondamentali dell'idrostatica, stabilì per il moto delle acque correnti il principio della portata costante, secondo il quale in un corso d'acqua uniforme a sezione variabile la velocità della corrente varia in ragione inversa della sezione (legge di Leonardo). I suoi studî sul volo degli uccelli e sul "volo strumentale" lo portarono a investigare le leggi dell'aerodinamica: egli osservò la compressibilità e il peso dell'aria e intuì l'importanza di questi elementi ai fini del volo, ai fini cioè del sostentamento nell'aria del più pesante. L. stabilì altresì il principio di reciprocità aerodinamica, secondo il quale le mutue azioni fra solido e aria variano solo con la velocità relativa.MeccanicaLa meccanica può ben considerarsi la scienza prediletta da L., alla quale può dirsi che egli abbia portato il maggiore contributo di originalità. Infaticabile sperimentatore, non può stupire che fra tante intuizioni corrette ve ne siano anche di sbagliate, che poi altrove, nei suoi appunti, si trovano spesso modificate o rettificate sulla base di altri ragionamenti o esperienze. Le sue fonti maggiori d'informazione sono, oltre le opere di Aristotele e di Archimede, i libri De ponderibus di Giordano Nemorario. Riprendendo le loro ricerche sulla leva e la bilancia, gli si fa chiara la nozione del momento di una forza rispetto a un punto. Dallo stesso Giordano Nemorario e da Biagio da Parma deriva il principio del parallelogramma delle forze e lo applica a risolvere il problema della determinazione delle tensioni nei due tratti di una fune fissata agli estremi e soggetta a un peso in un punto intermedio. La teoria delle macchine semplici è oggetto di molti appunti nei manoscritti vinciani e i suoi studî mostrano che L. intuì il principio dei lavori virtuali. Notevoli sono anche gli studî di L. sui baricentri, che segnano i primi reali progressi dopo la classica teoria di Archimede, e sulla resistenza dei materiali. Pure indubbiamente primo è L. nel considerare in modo razionale l'attrito o "confregazione" e i suoi effetti nelle macchine e nei veicoli, e a realizzare esperienze che, salvo la maggiore raffinatezza, non differiscono da quelle ideate tre secoli dopo da Ch.-A. Coulomb.
Le conoscenze dinamiche di L. derivano e si ricollegano a quelle della dinamica greca, anche se, attraverso gli scritti di Alberto di Sassonia, L. è a conoscenza delle teorie di G. Buridano e Nicola d'Oresme e di quelle della scuola inglese di Oxford. Compaiono in L. alcune precise idee sul concetto di forza e di percussione e sulla resistenza dell'aria che, in accordo con la teoria dell'impeto di Buridano e in netto contrasto con quella aristotelica, è correttamente considerata come un ostacolo che "impedisce e abbrevia il moto al mobile". L. è così tra coloro che hanno maggiormente contribuito a porre i presupposti alla scoperta della legge d'inerzia. L. sembra avere inoltre una precisa idea del principio di azione e reazione, e una convinzione non meno precisa circa l'impossibilità del moto perpetuo. Nonostante l'intralcio dovuto alla parziale adesione alla concezione aristotelica, l'intuizione di L. riesce a cogliere profondi aspetti dei fenomeni dinamici, come, per es., gli effetti della rotazione della Terra sulla caduta dei gravi.OtticaSeguendo generalmente le idee aristoteliche o quelle degli Arabi, L. accetta in ottica la teoria delle specie emanate dai corpi luminosi; si occupa di problemi della visione semplice e di quella binoculare, della dispersione della luce, della teoria delle ombre. La perspicua descrizione della camera oscura e della sua teoria, già nota agli Arabi, mostra che egli ne aveva intuito l'applicazione che se ne fa nell'occhio.ZoologiaL. prospettò con chiarezza le affinità morfologiche e funzionali che corrono fra l'uomo "prima bestia infra gli animali" e varie specie di Mammiferi, specialmente le scimmie, Carnivori, Artiodattili e Perissodattili. Molti sono gli animali riprodotti nei suoi disegni, ma un numero assai maggiore è accennato negli scritti, sia a proposito dei dati anatomo-comparativi, sia indipendentemente da essi. L'interesse di L. per la struttura e gli atteggiamenti degli animali e l'acutezza del suo spirito di osservazione appare sia nei disegni sia nelle descrizioni e nel giudizio sulle affinità fra le varie specie.
Invenzioni, opere, progettiIdee e invenzioni, progetti e disegni di macchine e dispositivi, nei varî rami della tecnica, molti dei quali attuati in seguito, sono in tal numero e di tal ricchezza da sbalordire. Non è facile, peraltro, attribuire con sicurezza la paternità di ciascuna di tali invenzioni e progetti a L.: ciò che si può dire, è che si tratta di idee ed elaborazioni che compaiono per la prima volta nei manoscritti vinciani.
Nel campo dell'idraulica pare sia di L. la sistemazione del canale della Martesana; e suoi sono il progetto di sistemazione dell'Adda, e un grande e complesso piano di bonifica delle Paludi pontine, la cui esecuzione fu interrotta dalla morte di Giuliano de' Medici. Al servizio di Firenze studiò, a fini strategici, un progetto per la deviazione dell'Arno a monte di Pisa, che ebbe il caloroso appoggio di N. Machiavelli, ma che, troppo costoso per la Repubblica fiorentina, non fu poi attuato. Al servizio di Venezia, per l'incombente minaccia dei Turchi che avevano invaso il Friuli, studiò il percorso dei maggiori fiumi del Veneto, ideando tra l'altro un "serraglio mobile" sull'Isonzo presso Gorizia, allo scopo di elevare il livello del fiume e provocare così l'allagamento della pianura. Durante il suo soggiorno in Francia progettò il canale di Romorantin che doveva collegare Rodano e Loira. I progetti di canali e bonifiche sono quasi sempre accompagnati dallo studio di adeguati strumenti di lavoro: cavafanghi, draghe, pompe, apparecchi di sollevamento dei materiali, ecc.; e ai piani di bonifica sono associati piani edilizî e urbanistici conformi ai migliori canoni della tecnica urbanistica e dell'ingegneria sanitaria moderna.
Gli studî sul volo risalgono in parte al primo periodo del soggiorno a Milano, tra il 1486 e il 1490, e in parte al secondo periodo del soggiorno a Firenze, verso il 1505, e a Fiesole. L. progettò macchine che, se pur oggetto oggi soltanto di un interesse storico, restano capolavori di ingegnosità. Tra queste macchine volanti sono il paracadute e l'elicottero, in cui viene impiegata come organo propulsore la vite. Resta dubbio peraltro se L. abbia mai tentato di volare o di far volare, benché G. Cardano in De Subtilitate dica "Leonardus tentavit, sed frustra".
L. fu anche un espertissimo tecnico militare; è tuttavia difficile, come s'è già detto, stabilire con certezza quanto si debba originariamente a lui e quanto sia invece rielaborazione di idee e di progetti di suoi predecessori. Ricorderemo, qui, tra le cose più rilevanti dei suoi manoscritti (nei quali è difficile tuttavia, in questo campo più che negli altri, discernere quali delle molte invenzioni fossero pensate da L. come concretamente realizzabili), studî per sottomarini, disegni di cannoni (con carrello e dispositivi per la rapida elevazione del fusto) e di bombarde per il lancio di bombe esplosive; dispositivi di accensione per armi da fuoco; cannoni a organo, costituiti da molte piccole canne disposte a raggiera che possono sparare simultaneamente; cannoni a revolver; ponti da campo; carri coperti con artiglierie; l'architronito, sorta di cannone in cui si sfrutta la forza espansiva del vapor d'acqua (peraltro già conosciuto dai Bizantini); battelli incendiarî; e ancora norme di guerra terrestre e navale, ecc.
Fra gli altri meccanismi e dispositivi studiati da L. meritano d'essere citati l'incannatoio automatico e la cimatrice; poi innumerevoli artifici per la trasformazione di moti progressivi in moti alternativi e di moti continui in moti intermittenti; argani, tornî, perforatrici, seghe meccaniche, macchine per la filettatura delle viti; trivelle; ponti girevoli; laminatoi, ecc.
Leonardo scrittoreDi una personale o quanto meno programmata coscienza letteraria di L. sembra improprio parlare. I suoi testi, disseminati nelle carte dei codici sotto forma di abbozzi di trattato, notazioni a margine, appunti di letture e meditazioni, sentenze in rima, proverbî, enunciati gnomici, o brani di invenzione fantastica, configurano piuttosto un eterogeneo e personalissimo corpus di scritture. Tali scritture in parte assumono funzione di glosse altamente ragionate ma subordinate alla rappresentazione grafica delle sue indagini scientifiche e artistiche, in parte costituiscono documentazione momentanea, fissata per frammenti sulla carta, di un ininterrotto discorso interiore, continuamente volto a illuminanti considerazioni sulla realtà e sul fantastico. Definitosi, con espressione fin troppo esagerata dalla critica "omo sanza lettere", L. attinge a una sua istintiva memoria culturale di maestro d'arte ma anche alle sue originali intuizioni di indagatore, volutamente solitario, della natura e della macchina. Questo spiega i caratteri salienti della sua scrittura: l'ortografia approssimativa e incoerente, l'impronta vernacolare toscana con tracce di fonetica lombarda, l'andamento sintattico semplificato, che procede per coordinazioni successive, ma in cui il ripetuto uso di anacoluti testimonia di una tendenza alla brachilogia, insofferente alle mediazioni del dettato colto e mirante a fissare direttamente e in breve la sostanza del pensato. E se ciò rende estraneo L., ignaro per di più delle lingue classiche, alla civiltà letteraria dell'Umanesimo, viceversa ne riconferma la più ovvia appartenenza all'ambiente "illetterato" degli artisti e dei tecnici. Lo stile asciutto, la propensione all'enunciato proverbiale e aforistico, che esaltano l'icasticità ammonitiva delle sue riflessioni, sono un evidente derivato dal genere della precettistica delle arti, che appunto affidava la trasmissione del sapere specialistico ad ammonimenti chiari e precetti brevi, prevalentemente orali, talvolta in forma di proverbio o di prosa rimata, e in cui la paratassi garantiva a un tempo una migliore possibilità di memorizzare e la meticolosa conservazione, secondo la successione prefissata, delle procedure tecniche. Su questo fondo L. innesta la personale dote di un linguaggio fortemente pregnante e lucido nel significare, alimentato, per un verso, da una inesauribile curiosità intellettuale e dall'esperienza concreta, e, per altro verso, esercitato all'astrazione e all'enunciazione assiomatica proprie dei trattati di geometria e dei teatri di macchine. Pregnanza del concreto e astrazione mentale sono appunto due caratteri che conferiscono ai suoi scritti "letterarî", analogamente ai dipinti, l'oscurità polivalente dell'immaginario fantastico e la campitura ordinata delle connessioni logiche (come ne La caverna, Il mostro marino, Il gigante, Il sito di Venere, Il diluvio e Al Diodario di Soria). Sull'analogo terreno delle formulazioni brevi ed emblematiche si colloca il gusto di L. per le Facezie, le Favole, gli Indovinelli, le Profezie e il genere del Bestiario, mutuati dallo stile comico-burlesco o sentenzioso-moraleggiante della letteratura popolare e fantastica del Quattrocento, ma in cui più marcati persistono, diversamente che nella produzione alta e culta della filologia umanistica, elementi trecenteschi e del tardo enciclopedismo medievale.
Di L. scrittore non possediamo nessuna opera veramente compiuta. Il Trattato della pittura è compilazione postuma (Bibl. Vat., ms. Urb. lat. 1270, del sec. 16°) forse del suo allievo F. Melzi, sulla base di brani estratti, con probabili integrazioni e ritocchi, dalle carte leonardiane da lui ereditate. Analogo il caso dell'opera Del moto e misura dell'acqua, compilata nel 1643 (Bibl. Vat., ms. Barb. lat. 4332) dal domenicano Luigi Maria (al secolo Francesco) Arconati, sulla base dei manoscritti leonardiani posseduti dal padre G. M. Arconati. Della prosa di L. si iniziò a parlare nell'Ottocento dopo la riscoperta e pubblicazione sistematica dei manoscritti. Degli scritti letterarî molte sono le raccolte antologiche; dopo le prime, in partic. quelle di J. P. Richter (1883, 3ª ed. 1970), amplissima ma non pienamente affidabile, e di E. Solmi (1899, 2ª ed. 1979), altre ne sono seguite di più sicuro fondamento filologico: G. Fumagalli (1915 e 1939, 2ª ed. 1952), ma soprattutto A. M. Brizio (1952, 2ª ed. 1966), e A. Marinoni (1952, 2ª ed. 1974).
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