
I Savoia congiunsero il loro programma di ascesa politica nello scacchiere europeo a un rinnovamento della loro capitale, Torino. Oltre le mura romane, la città si ampliava e dotata di moderni edifici, grazie a uno studio di Ascanio Vittozzi. nella prima metà del secolo i nuovi palazzi rispecchiavano l'influenza della vicina Francia (come piazza San Carlo con le chiese gemelle, il palazzo Reale o il castello del Valentino). Dopo la metà del secolo Guarino Guarini, già allievo di Borromini, seppe trasformare la città in un laboratorio di nuove idee, con le ardite costruzioni delle cupole di San Lorenzo e della cappella della Sacra Sindone, o con la creazione di palazzo Carignano.
Anche Genova risentiva della crisi legata al commercio nel Mediterraneo, però il XVII secolo si aprì nel segno della continuità col periodo aureo del secolo precedente. L'apertura di via Balbi portò alla costruzione di favolosi edifici, di misurata sobrietà all'esterno e di sfarzosa esuberanza all'interno. In pittura il passaggio di Rubens e poi soprattutto di Van Dyck portarono linfa vitalissima alla scuola locale, elaborando essi stessi dei traguardi fino ad allora mai raggiunti. Van Dyck ad esempio dipinse a Genova alcuni ritratti a figura intera degli aristocratici genovesi che sono tra i più felici raggiungimenti dell'intero secolo europeo. Grechetto, Bernardo Strozzi, Domenico Piola furono tra i più originali pittori genovesi. In scultura Pierre Puget, Anton Maria Maragliano e Filippo Parodi seppero coniugare monumentalità e virtuosismo, con un modellato estremamente morbido e un'accentuazione del patetismo.
A Milano, sebbene i governatori spagnoli si disinteressassero della crescita culturale e artistica, si sviluppò dalla fine del Cinquecento un vivace dibattito, alimentato dalle figure degli arcivescovi Carlo e Federico Borromeo (che fondò in questi anni l'Accademia Ambrosiana), e dagli artisti da essi protetti, quali il Cerano, Daniele Crespi, il Morazzone e i Procaccini. Si trattò di un'arte improntata a una severa religiosità, ma capace anche di slanci spettacolari in realizzazioni quali i Sacri Monti.
Nel corso del XVII secolo Venezia subì una crisi dovuta allo spostamento del baricentro dei traffici mercantili, dal Mediterraneo all'Oceano Atlantico. Il ristagno si manifestò in una più limitata disponibilità per le committenze artistiche, eccezion fatta per alcuni cantieri come la basilica della Salute di Baldassare Longhena, autore fino ad allora ancorato all'esempio dei maestri del secolo precedente, quali Jacopo Sansovino, Palladio e Vincenzo Scamozzi (come alle Fondamente Nove). La decorazione sovraccarica della nuova facciata di San Moisè, di Alessandro Tremignon (1688), dimostra come facesse fatica a trovare una suo compiuta declinazione in Laguna lo stile barocco. Anche la pittura sembrò risentire del retaggio del secolo precedente, coi discepoli di Tiziano, Jacopo Tintoretto e Veronese ancora attivi nella prima metà del secolo (quali il Padovanino, Domenico Tintoretto, ecc.). Dalla scuola dei Bassano, oltre a complesse pala di ispirazione tizianesca, nacque anche uno stile attento al dato reale, specialmente nella resa delle figure di animali, spesso inseriti in composizioni notturne. Domenico Fetti, Pietro Della Vecchia, Sebastiano Mazzoni, oltre allo straniero Johann Liss, portarono un po' di rinnovo in un panorama spesso non all'altezza del secolo precedente. Il passaggio di Luca Giordano e l'opera di Sebastiano Ricci accesero nuove, ampie prospettive che fioriranno pienamente nel Settecento; così come il rinnovato accento sul paeseggio delle opere di Marco Ricci farà da base per la rinascita del vedutismo.
A Modena e Reggio Emilia, città principali del Ducato estense lavorarono Bartolomeo Schedoni, Nicolò dell'Abate e Jean Boulanger, in opere quali la Madonna della Ghiara. A Parma, capitale del Ducato farnese, fu chiamato Agostino Carracci. Sotto la sua figura si formarono artisti rinnovatori come Giovanni Lanfranco, Alessandro Tiarini e Sisto Badalocchio. A Piacenza invece, nel rinnovamento del duomo, accorsero via via artisti forestieri (come Guercino), ma non può dirsi che vi nascesse una vera e propria scuola locale.
Firenze, come Venezia, subiva nel XVII secolo l'influsso degli artisti del secolo precedente. Emblematica in questo senso è l'esempio in scultura del Giambologna e dei suoi allievi (Pietro e Ferdinando Tacca, Clemente e Giovanni Francesco Susini), che protrassero un gusto manierista per tutta la prima metà del secolo, almeno finché Cosimo III non spedì Giovan Battista Foggini ad aggiornarsi a Roma. Non a caso gli scultori più originali, quali Pietro Bernini o Francesco Mochi, trovarono spazio altrove. In pittura la prima metà del secolo vide l'affermarsi di un misuratissimo gusto controriformato, sotto la guida di Santi di Tito, e con artisti quali il Passignano e il Cigoli che introdussero anche un certo colorismo di ispirazione veneta. Già dal 1637 il lavoro di Pietro da Cortona a palazzo Pitti diede un esempio di vibrante dinamismo, che venne raccolto solo da alcuni artisti eccentrici, quali Giovanni da San Giovanni e poi il Volterrano. Nella seconda metà del secolo Carlo Dolci portò avanti la lezione classicista con opere dalla intensa religiosità e dalla cromia smaltata.
Roma e Stato della Chiesa
Roma continuò ad essere anche per tutto il XVII secolo il polo di maggiore attrazione per qualsiasi artista in cerca di fortuna. Le ampie politiche di mecenatismo promosse da Urbano VIII, Innocenzo X e Alessandro VII erano tese a ristabilire il ruolo centrale della Chiesa di Roma nel panorama europeo, attraverso un ampio rinnovo urbanistico. A ciò vanno aggiunte le sterminate ricchezze di cardinali e alti prelati, che spesso affidavano agli artisti il ruolo di promuovere la loro immagine verso i contemporanei e i posteri. Architetti, scultori e decoratori rifacevano le facciate degli edifici sacri e civili, ne ammodernavano gli interni, creavano piazze e fontane monumentali. Di tutte le opere, il fulcro principale di tutta quell'epoca fu la nuova basilica di San Pietro. In acerrima competizione tra loro, gli artisti svilupparono a Roma nuova sensibilità "barocca", fatta di esuberanza decorativa, teatralità, illusioni ottiche e ardite sperimentazioni virtuosistiche. Tra i protagonisti assoluti Francesco Borromini e Gian Lorenzo Bernini, Pietro da Cortona e Pieter Paul Rubens, Alessandro Algardi e François Duquesnoy. Facevano inoltre parte dello Stato della Chiesa gran parte dell'Emilia e della Romagna, dove sul finire del Cinquecento si era sviluppata una delle più originali fucine artistiche, l'Accademia dei Carracci, dove si era formato anche Guido Reni. Se la decorazione dei grandi complessi nobiliari era affidata a pittori virtuosi ma "rassicuranti" come Agostino Mitelli e Angelo Michele Colonna, nuove tendenze energiche nascevano con artisti quali Guercino o lo stesso Algardi, formatisi a Bologna. Tra gli allievi di Guido Reni spicca anche una donna: Elisabetta Sirani. Nelle Marche, altro territorio sotto il dominio pontificio, operano artuisti classicisti quali il Sassoferrato e Simone Cantarini. In Umbria domina invece la Controriforma, con grandi opere nate per il rinnovo degli altari delle chiese.
Regno di Napoli
Napoli invece mantenne saldo il ruolo di guida artistica, favorita dall'accentramento del potere vicereale, che richiedeva alla nobiltà la presenza nella capitale e favoriva la crescita demografica e la creazione di un vasto ceto di professionisti artistici. L'edilizia prosperava, sia con restauri di edifici esistenti, che con la realizzazione di nuovi, con la presenza di architetti come Cosimo Fanzago o Giovanni Antonio Dosio. In pittura fin dal 1606 il passaggio in città di Caravaggio determinò una decisa adesione al suo naturalismo, accentuato ancor più che nel maestro, nelle opere di artisti quali Battistello Caracciolo, Mattia Preti, José de Ribera e Massimo Stanzione. A questa influenza si affiancò precocemente anche l'esempio neoveneto e classicista di Guido Reni, Domenichino, Orazio Gentileschi e Nicolas Poussin. In altri centri del regno l'influenza dell'architettura barocca spagnola produsse esuberanti declinazioni locali, come nel Salento e nella Val di Noto, spesso in risposta a pestilenze e terremoti.
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