Aleksandr Michajlovič Rodchenko 1891
Aleksandr Michajlovič Rodčenko 1891Il costruttore di nuove visioni
Aleksandr Michajlovič Rodchenko 1891

Aleksandr Michajlovič Rodčenko (San Pietroburgo, 23 novembre 1891 – Mosca, 3 dicembre 1956) non fu soltanto un pittore, fotografo e grafico: fu un instancabile sperimentatore che seppe reinventare lo sguardo stesso dell’arte e della comunicazione visiva. Figlio di un modesto scenografo e di una lavandaia, la sua traiettoria lo portò dalle aule dell’istituto d’arte di Kazan’ — dove incontrò l’artista e futura compagna Varvara Stepanova — fino al cuore delle avanguardie moscovite, dove si intrecciarono le voci di poeti come Majakovskij e le tensioni radicali del futurismo, del suprematismo e del nascente costruttivismo.
Pittura, grafica e i primi passi del costruttivismo
Formatosi inizialmente come pittore, Rodčenko si impose presto con una pittura rigorosa, geometrica, che dialogava con l’astrazione suprematista di Malevič e con le ricerche materiali di Tatlin. La sua adesione al costruttivismo non fu mai freddamente teorica: per lui l’arte doveva avere una funzione sociale, diventare strumento per modellare la vita quotidiana e costruire un nuovo mondo. In questo spirito partecipò al Narkompros (Commissariato per l’Istruzione), insegnò al VChUTEIN, e iniziò a sperimentare instancabilmente con grafica, design, scenografia e tipografia.
Il linguaggio dei fotomontaggi
Gli anni Venti segnarono la svolta decisiva. Avvicinatosi al dadaismo e al Bauhaus, comprese la potenza del fotomontaggio come mezzo di comunicazione diretto e immediato in un paese ancora segnato da un diffuso analfabetismo. Le sue composizioni, realizzate per manifesti, libri e riviste, erano esplosive: testi e immagini si fondevano in dinamiche diagonali, tagli obliqui e contrasti di scala che rompevano la staticità del messaggio tradizionale. Emblematica la celebre campagna per la Lengiz del 1924, con Lilja Brik che grida “Libri per tutti gli ambiti della conoscenza”: un’icona della modernità, in cui parola e immagine diventano un grido visivo collettivo.
La rivoluzione dello sguardo: la fotografia
I suoi scatti non erano semplici documenti: erano visioni dinamiche che spezzavano le convenzioni ottocentesche, restituendo al quotidiano un carattere eroico e al tempo stesso ironico. La fotografia, nelle sue mani, divenne architettura di luce e geometria viva.
Tra cinema e avanguardia
Il suo lavoro non si limitò alla fotografia statica: collaborò con Dziga Vertov, realizzando manifesti e materiali grafici per film che erano essi stessi esperimenti sul linguaggio visivo. Le affinità con Ejzenštejn e con il montaggio cinematografico rivelano un unico impulso creativo: l’arte come costruzione, ritmo, ingranaggio che deve scuotere lo spettatore.
Il conflitto con il regime
Ma l’ardore delle avanguardie presto si scontrò con l’inasprirsi del controllo ideologico stalinista. Le sue fotografie, giudicate “formaliste” e “occidentali”, furono accusate di privilegiare l’estetica a scapito del contenuto politico. Persino i suoi celebri ritratti dei pionieri, con i volti alzati verso il cielo in un gesto visionario, furono interpretati come troppo lirici e sospetti. Dal 1933 gli fu imposto di limitarsi a documentare eventi di Stato: il linguaggio ribelle e sperimentale doveva piegarsi al realismo socialista.
Ultimi anni e lascito
Negli anni Quaranta, insieme alla compagna Varvara Stepanova, si dedicò nuovamente alla pittura, ma l’energia rivoluzionaria degli anni Venti non tornò più. Morì a Mosca nel 1956, con addosso le cicatrici di un destino comune a molti protagonisti delle avanguardie: aver visto naufragare, sotto il peso del regime, il sogno di un’arte totalmente integrata nella vita.
Un’eredità incandescente
Rodčenko resta però una figura centrale del Novecento. La sua arte ha insegnato a guardare il mondo da angolazioni nuove, a scardinare le abitudini visive, a trasformare persino una scala o una finestra in un avvenimento estetico. Con i suoi fotomontaggi, le sue fotografie e la sua grafica, non ha solo illustrato la modernità: l’ha inventata
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