Alberto Savinio – Il fratello che dipingeva sogni ironici
Dietro lo pseudonimo Alberto Savinio si nasconde Andrea De Chirico (Atene, 1891 – Roma, 1952), fratello minore del celebre Giorgio. Ma attenzione: ridurlo al ruolo di “fratello di” sarebbe un torto. Savinio, infatti, fu scrittore, pittore, musicista, saggista, e in ciascuno di questi campi portò una cifra inconfondibile: un’ironia colta, capace di trasformare il mito in gioco e la cultura in spettacolo.
Giunto a Parigi, frequentò il mondo intellettuale e artistico più vivace del tempo, dai surrealisti alle riviste d’avanguardia. Pubblicò, scrisse, compose musica, ma soprattutto iniziò a farsi conoscere come pittore dalle mani irrequiete, pronto a mescolare mitologia e quotidiano con un tocco lieve e imprevedibile.
Savinio pittore: quando Ulisse incontra un pianoforte
Se Giorgio De Chirico dipingeva piazze metafisiche deserte, con statue malinconiche e ombre allungate, Alberto sembrava divertirsi a ribaltare i codici. Nei suoi quadri i miti antichi non hanno nulla di solenne: appaiono piuttosto come personaggi capitati per sbaglio in un mondo surreale, a metà fra sogno e caricatura.
Un Achille può trasformarsi in un eroe spaesato con tratti quasi da fumetto, mentre un Apollo può convivere, sulla tela, con sedie di legno, pianoforti o strane macchine. È come se Savinio avesse deciso di fare della pittura un teatro dell’assurdo: una scena in cui la mitologia scende dal piedistallo e si mette a chiacchierare con gli oggetti di tutti i giorni.
Questo gusto per il gioco visivo non era semplice eccentricità: era la sua maniera di smascherare le pose solenni della cultura, riportando i grandi miti a una dimensione ironica, più umana, quasi domestica.
Tra sogno e ironia
Savinio amava la dimensione onirica, ma non sognava mai in modo drammatico: i suoi sogni erano scherzosi, pieni di travestimenti, di metamorfosi che facevano sorridere. Nei dipinti, così come nei disegni, mescolava epoche e simboli, facendo incontrare l’antico e il moderno in combinazioni impreviste.
Le sue tele si possono leggere come racconti pittorici: fiabe surreali dove la linea è elegante, i colori nitidi, e il senso profondo sta proprio nel paradosso. Non stupisce che molte delle sue opere siano oggi custodite nelle principali collezioni italiane e straniere: il pubblico resta incantato da quella leggerezza un po’ teatrale che ricorda le sue prose narrative e i suoi giochi letterari.
Un artista “a tutto campo”
Accanto alla pittura, Savinio non smise mai di scrivere e comporre. Autore di romanzi e saggi (tra cui il celebre Ascolto il tuo cuore, città), critico teatrale e musicale, inventò persino balletti come Perseo (1924) e La morte di Niobe (1925). Ma forse la sua cifra più autentica resta proprio questa: l’essere un artista totale, che non riconosceva confini tra letteratura, pittura e musica.
Nelle sue tele come nei suoi libri, Savinio ci invita a non prendere mai troppo sul serio la cultura: meglio trattarla come un gioco intelligente, un palcoscenico dove persino gli dei possono inciampare e ridere.

Nessun commento:
Posta un commento