sabato 1 febbraio 2025

Corso di storia dell'arte: 39 Arte romana al tempo di Adriano

Il tempo di Adriano


Al tempo di Adriano, Roma smise di guardare all’espansione e si voltò verso sé stessa. Dopo il secolo della conquista e del dominio, si aprì la stagione dell’introspezione, della riflessione, della bellezza cercata nei dettagli. L’imperatore, colto, viaggiatore instancabile e appassionato della Grecia antica, non fu solo un governante: fu un artista, un visionario, un architetto dell’anima dell’Impero.

A Tivoli, non lontano da Roma, Adriano diede vita alla sua creatura più ambiziosa: Villa Adriana, non un semplice palazzo imperiale, ma un universo architettonico che condensava il meglio del mondo allora conosciuto. Padiglioni, teatri, fontane, portici e giardini si dispiegavano come in un sogno ellenistico, tra suggestioni orientali e forme classiche, in un equilibrio perfetto tra arte e natura. Si dice che l’imperatore stesso ne abbia seguito la progettazione, passo dopo passo, come un compositore che orchestra la sinfonia della propria visione.

E poi c’è il Pantheon, così come lo vediamo ancora oggi, con la sua cupola perfettamente emisferica, sospesa nel vuoto come un cielo di pietra. Ricostruito per volere di Adriano, il tempio degli dèi tutti si fa simbolo della grandezza romana: armonia assoluta tra misura e materia, spiritualità e ingegneria. Nessun altro edificio dell’antichità ha retto così bene al tempo, e nessun altro sa parlare con la stessa autorevolezza alla modernità.

Anche nella scultura, l’epoca adrianea si fece specchio dell’interiorità e dell’emozione. Emblematica è la figura di Antinoo, il giovane amato dall’imperatore, morto tragicamente in circostanze oscure e poi elevato al rango divino. I suoi ritratti, disseminati per tutto l’Impero, mostrano un volto malinconico, di una bellezza malinconica e idealizzata, mai vista prima con tale intensità. In essi vibra un sentimento profondo, un lirismo che spezza l’austerità del ritratto ufficiale.

Rispetto al classicismo augusteo — freddo, calcolato, quasi scolastico — l’arte adrianea è romantica ante litteram. Non più la perfezione impersonale dei modelli greci, ma la ricerca di un’espressione più intima, più viva, più umana. La società romana era ormai cambiata: complessa, stratificata, colta, aveva bisogno di un’arte che la riflettesse, che ne interpretasse le inquietudini e le conquiste interiori.

Il sogno greco di Adriano, per quanto straordinario, non divenne mai politica ufficiale, né accese un vero e proprio “rinascimento”. Morì con lui, come muore un sogno troppo personale per diventare ideologia. Ma lasciò tracce indelebili. Perché attraverso l’arte, l’imperatore aveva cercato un ponte tra Roma e il mondo greco, tra potere e cultura, tra la forza e la grazia. E quel ponte ancora oggi attraversa i secoli, sospeso nella luce della sua villa e nel silenzio perfetto del Pantheon.

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