martedì 4 febbraio 2025

Corso di storia dell'arte: 42 Arte romana nel periodo dei Severi

Il periodo dei Severi

Nel tempo dei Severi, l’arte romana attraversò un nuovo scarto, brusco e rivelatore, come un colpo di scalpello più profondo del solito. L’eleganza armoniosa dell’epoca classica veniva ora frantumata da un’espressività più cupa, incisiva, quasi tormentata.

Basta osservare i rilievi dell’Arco di Settimio Severo, eretto tra il 202 e il 203 d.C., per cogliere la mutazione in atto. Lo scalpello degli artigiani non accarezza più la pietra: la incide con forza, tracciando solchi marcati, creando profondi chiaroscuri che drammatizzano la scena. L'effetto è teatrale, potente, quasi visionario. I volti e i corpi non cercano più la grazia ideale, ma la forza del segno, la veemenza del contrasto.

E anche la folla, prima composta da individui riconoscibili, ora si fonde in scene di massa indistinte, dove la persona si perde nel gruppo, e l’uomo diventa simbolo, tassello anonimo del potere imperiale. È l’abbandono definitivo del naturalismo greco: l’arte si fa gerarchica, solenne, ieratica.

Al centro, immobile e isolato, l’imperatore domina la scena. Lo vediamo su un alto piedistallo, circondato dai suoi generali, nell’atto rituale dell’adlocutio, mentre arringa le truppe. Ma non è più un uomo tra gli uomini: la sua figura si staglia sopra la folla come un’apparizione ultraterrena, simbolo di un potere ormai avvolto nel mistero e nella distanza.

La Roma dei Severi non celebra più la gloria terrena del cittadino-soldato. È l’epoca in cui l’Impero comincia a trasformarsi in una teocrazia imperiale, dove l’imperatore non è solo guida politica, ma quasi incarnazione del divino. E l’arte, con la sua nuova grammatica visiva, comincia a raccontare questa metamorfosi.

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