Il lungo sogno di Bisanzio: viaggio narrativo nell’arte bizantina
Immagina una città sospesa tra due mondi, affacciata sul mare, tra l’Asia e l’Europa, crocevia di imperi e custode di un sogno millenario. È Costantinopoli, la regina d’Oriente, fondata là dove Alessandro aveva sognato di costruire il cuore del mondo. È qui che nasce e si sviluppa uno dei linguaggi artistici più affascinanti e spirituali della storia: l’arte bizantina.
Non è un’arte che imita la realtà, ma che la trasfigura. Le figure non camminano nella luce del giorno, ma fluttuano in un’eternità dorata. Non c'è prospettiva, non c'è ombra, non c'è tempo: solo l’infinito. I volti sono severi, gli sguardi fissi, il mondo si appiattisce come su un’icona, e ogni dettaglio si fa simbolo. Non si vuole rappresentare l’uomo, ma l’uomo come Dio lo vede.
Questo linguaggio si sviluppa lungo dieci secoli, dal V al XV secolo, nascendo prima sotto le volte dell’Impero romano decadente, e poi sbocciando nella nuova potenza bizantina, che fece di Costantinopoli il faro dell’Oriente cristiano. Lì, tra basiliche e mosaici, si dipingeva la fede. Si raccontava l’anima. Si cercava, in ogni volto immobile, la scintilla dell’eterno.
Gli albori: il tempo della nascita
Nel primo periodo, detto paleobizantino, l’arte di Bisanzio succhia linfa dal passato. Prende la classicità di Roma, la raffinatezza di Alessandria, la mistica di Antiochia, e li fonde in qualcosa di nuovo, destinato a vivere nei secoli. Non è più l’arte dell’uomo al centro del mondo, ma dell’uomo che guarda verso l’alto, verso Dio.
L’ascesa: la prima età dell’oro
Poi arriva il VI secolo, e con esso la prima età dell’oro. È l’epoca di Giustiniano, di Santa Sofia, dei grandi mosaici di Ravenna. L’arte diventa grandiosa, solenne, un’espressione maestosa del potere imperiale e della fede cristiana. Qui l’uomo si perde nei volti di Cristo Pantocratore, nei fondi d’oro infiniti, nelle geometrie mistiche.
L’inquietudine: l’iconoclastia
Ma ogni sogno ha il suo turbamento. Dal VII secolo si apre un periodo buio, fatto di inquietudine e distruzione: è l’epoca dell’iconoclastia, in cui le immagini sacre vengono combattute, distrutte, bandite. Per oltre un secolo, il volto di Dio scompare dalle pareti delle chiese, e l’arte si ritrae, smarrita e muta.
Il risveglio: la Rinascenza macedone
Eppure, la luce ritorna. Dall’843 si apre un nuovo capitolo: è la rinascenza macedone. Le immagini riprendono vita, si arricchiscono di colori, di grazia, di movimento. L’eco dell’arte ellenistica risuona di nuovo, e l’Impero ritrova il gusto per il racconto e la bellezza. Questo slancio prosegue nel XII secolo, in quello che sarà chiamato il periodo comneno, dove le linee si fanno eleganti, i volti delicati, e l’arte bizantina torna a dettare legge anche in Occidente.
Il crepuscolo: la Rinascenza paleologa
Poi, un colpo brutale: nel 1204, Costantinopoli cade nelle mani dei Latini. Ma l’anima bizantina non muore. Quando nel 1261 la città viene riconquistata, nasce l’ultima fioritura: la rinascenza paleologa. Gli artisti guardano ancora all’arte classica, ma lo fanno con nostalgia, con una consapevolezza malinconica. È l’ultimo splendore, la luce del tramonto.
Infine, nel 1453, Costantinopoli cade sotto i turchi di Maometto II. L’Impero bizantino si spegne. Ma non la sua arte. Le icone, i mosaici, le architetture sopravvivono, testimoni di un millennio in cui l’uomo ha cercato, con pennelli, martelli e oro, di avvicinarsi al divino.
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