mercoledì 19 febbraio 2025

Corso di storia dell'arte: 57 Il Romanico: la pietra che racconta il risveglio dell’Europa











 

Il Romanico: la pietra che racconta il risveglio dell’Europa

C’è un tempo, nel cuore del Medioevo, in cui l’Europa inizia a risvegliarsi da un lungo torpore. È l’alba del Romanico, un’epoca che, dalla fine del X secolo fino all’affermarsi del Gotico, segna la rinascita dell’arte, dell’architettura, della fede e della società stessa.

In un’Europa ancora ferita da secoli di instabilità, comincia a germogliare qualcosa di nuovo: i villaggi si popolano, i commerci riprendono a scorrere lungo le antiche strade romane, i raccolti migliorano grazie a innovazioni come la rotazione triennale, la carruca e i mulini. Si costruisce, si sogna, si scolpisce. È un tempo di fermento: le città si allargano, nasce la borghesia, uomini e donne liberi iniziano a plasmare un nuovo ordine.

E l’arte, come sempre, si fa specchio di questo cambiamento. Non più una materia astratta e spirituale come quella bizantina, ma concreta, tangibile, scolpita nella pietra. L’opera romanica esalta la fatica dell’uomo, il suo lavoro, la sua intelligenza nel domare la materia opaca per renderla degna di Dio. Le chiese non nascondono la pietra: la celebrano. I muri spessi, le volte possenti, i capitelli scolpiti raccontano storie di santi e di peccatori, di mostri e di miracoli.

Il nome “romanico” compare solo secoli dopo. Fu lo storico inglese William Gunn, nel 1819, a riconoscere in queste opere un’eco dell’antico mondo romano, anche se reinterpretato in modo "imperfetto e fantasioso". Altri studiosi, come Adrien de Gerville e Arcisse de Caumont, iniziarono a distinguere le fasi di questa arte, che sbocciava diversa in ogni angolo d’Europa, ma sempre riconoscibile nel suo spirito.

Nel cuore del cambiamento, le abbazie diventano fari di rinnovamento: tra tutte, quella di Cluny, che osa costruire, in meno di un secolo, ben tre chiese, sempre più grandiose, fino all’imponente Cluny III, consacrata nel 1130. In queste mura, Dio non è solo evocato: è celebrato nella luce che filtra dalle absidi, nei ritmi solenni delle navate, nella gloria del lavoro umano.

La committenza cambia: non è più solo l’Imperatore o il vescovo a volere edifici monumentali, ma anche i signori locali, desiderosi di lasciare un segno tangibile della loro devozione, o forse del loro pentimento. Le donazioni diventano atti di fede e di prestigio. L’arte romanica è anche questo: espiazione scolpita nella pietra.

Ed è un’arte che viaggia. Le idee si muovono veloci, spinte dai passi dei pellegrini, dai traffici mercantili, dagli eserciti in marcia. Nasce così un linguaggio comune, con varianti locali, ma con lo stesso cuore: una fede profonda, una materia da plasmare, un’eredità romana da reinterpretare.

L’arco a tutto sesto, la colonna, la volta: elementi antichi, riemersi con nuova forza, usati per creare spazi che invitano alla contemplazione. Secondo Henri Focillon, fu proprio dall’arte bizantina di Ravenna che germogliò questo nuovo linguaggio, poi affinato nelle pievi della Romagna, fiorito in Francia e diffuso fino alla Spagna, all’Inghilterra, alla Germania.

Il Romanico è l’Europa che si scopre unita nella fede, ma anche nella tecnica, nella visione, nella volontà di costruire il proprio futuro pietra su pietra. È il Medioevo che smette di essere buio, e comincia a brillare.


Nessun commento:

Posta un commento

Corso di storia dell'arte: Azcona 1988

Azcona 1988 Abel Azcona (Madrid, 1º aprile 1988) è un artista spagnolo specializzato in azioni artistiche. L'artista Abel Azcona durante...