sabato 16 agosto 2025

Corso di storia dell'arte: Dubuffet 1901

Dubuffet 1901










Jean Dubuffet (Le Havre, 31 luglio 1901 – Parigi, 12 maggio 1985) è stato un pittore e scultore francese destinato a lasciare un’impronta radicale nella storia dell’arte del Novecento. È ricordato come il fondatore dell’Art Brut, movimento che ha rivoluzionato il concetto stesso di creatività, portando alla ribalta opere nate fuori dai circuiti accademici e istituzionali.

Dopo due anni all’Accademia d’Arte della sua città, nel 1918 si trasferì a Parigi per iscriversi all’Académie Julian. L’esperienza durò appena sei mesi, ma fu sufficiente per entrare in contatto con figure come Suzanne Valadon, Fernand Léger e Raoul Dufy. Decisivo fu l’incontro con il libro di Hans Prinzhorn sull’arte degli alienati, che lo spinse ad appassionarsi alle creazioni di malati di mente, bambini, popoli primitivi e all’arte africana.


Gli anni successivi lo videro viaggiare e cambiare rotta più volte: nel 1923 visse in Italia, nel 1924 in Sudamerica. Abbandonò temporaneamente la pittura, lavorando come disegnatore industriale e gestendo a lungo l’azienda vinicola di famiglia a Buenos Aires. La decisione di tornare all’arte maturò lentamente: il desiderio di dipingere, latente fin dai tempi dell’Académie Julian, divenne definitivo nel 1942.

Due anni più tardi, nel 1944, presentò la sua prima personale alla Galerie René Drouin di Parigi, con opere influenzate dall’astrattismo di Paul Klee. Ma la vera svolta arrivò nel 1945, quando elaborò e diffuse il concetto di Art Brut: lavori spontanei, immediati, creati da persone senza formazione artistica — bambini, outsider, malati mentali — mossi soltanto da una pulsione interiore.

Nel 1947, insieme a André Breton, Jean Paulhan e René Drouin, fondò la Compagnie de l’Art Brut, organizzando mostre che esponevano disegni di bambini e alienati. Presto arrivò il successo internazionale: la sua prima personale americana si tenne a New York, alla Pierre Matisse Gallery.

Fin dall’inizio, Dubuffet sostenne una posizione anticulturale: riteneva che la cultura ufficiale soffocasse e appiattisse la creatività, mentre la vera arte doveva nascere libera da tradizioni e regole. Ispirato da artisti come Kandinskij, Mirò e Klee, studiò a fondo il disegno infantile non come modello estetico, ma come fonte di autenticità e freschezza ideologica.

Tra il 1949 e il 1960 sviluppò vari cicli pittorici:

  • Paysage Grotesque (1949-1950)
  • Corps de Dames e Sols et Terrains (1950-1952)
  • Assemblage e Texturologie (1953-1959)
  • Matériologies (1959-1960)

Sperimentò anche in campo musicale, collaborando con Asger Jorn. La sua fama crebbe con retrospettive in importanti musei: nel 1957 allo Schloss Morsbroich di Leverkusen, poi al Musée des Arts Décoratifs di Parigi, al MoMA di New York, all’Art Institute di Chicago, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, alla Tate Gallery di Londra e al Guggenheim di New York.

Nel 1964, Palazzo Grassi a Venezia ospitò una grande mostra dedicata alla serie Hourloupe, iniziata nel 1962. Nel 1967 pubblicò la raccolta Prospectus et tous écrits suivants e cominciò a progettare strutture architettoniche e sculture monumentali per spazi pubblici. Nel 1971 ideò i suoi primi oggetti scenici, i “practicables”.

Gli anni Ottanta lo celebrarono con importanti retrospettive: tra il 1980 e il 1981 le sue opere furono esposte a Berlino, Vienna e Colonia, e nel 1981 il Guggenheim di New York gli dedicò una mostra per il suo ottantesimo compleanno.

Jean Dubuffet morì a Parigi il 12 maggio 1985, lasciando un’eredità artistica dirompente: la certezza che la creatività autentica può nascere ovunque, anche nei luoghi più impensati.



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