sabato 16 agosto 2025

Coso di storia dell'arte: Arp 1887

Arp 1887

Hans Arp – o Jean, come preferiva farsi chiamare in francese – nacque a Strasburgo nel 1887, in una terra di confine dove la cultura tedesca e quella francese si mescolavano come colori sulla tavolozza di un pittore. Questa duplice identità lo avrebbe accompagnato per tutta la vita, conferendogli una libertà di sguardo e un gusto per l’ibridazione che diventeranno il tratto distintivo della sua arte.

Dal 1905 al 1907 frequentò la scuola d’arte di Weimar, un luogo impregnato di fermenti culturali che stavano già preannunciando le avanguardie del Novecento. Ma Arp non era destinato a rimanere confinato tra i banchi: nel 1912, appena venticinquenne, partecipò alla seconda esposizione del Blaue Reiter a Monaco, dove entrò in contatto con figure leggendarie come Wassily Kandinskij e Robert Delaunay. Questi incontri non furono semplici tappe, ma scintille creative che ampliarono il suo orizzonte artistico.

L’anno successivo si spostò a Berlino e iniziò a collaborare con la rivista Der Sturm, epicentro dell’avanguardia tedesca. Il suo vagabondare culturale lo portò nel 1914 a Colonia, dove incontrò Max Ernst, e poi a Parigi, dove il destino lo mise sulla strada di Pablo Picasso, Max Jacob, Guillaume Apollinaire, Arthur Cravan e Amedeo Modigliani. In quell’atmosfera febbrile, tra atelier fumosi e caffè affollati, Arp iniziò a comporre i suoi collage astratti e le prime “sculture elementari”, opere che già rivelavano la sua tensione verso forme pure, essenziali, libere da ogni rigidità accademica.

Il momento decisivo arrivò nel 1916 a Zurigo, quando, insieme a Tristan Tzara e a Sophie Taeuber – che sarebbe poi diventata sua moglie – fondò il movimento Dada. Erano anni di guerra e di disillusione, e il Dadaismo, con la sua ribellione ironica e provocatoria contro ogni logica e ordine costituito, incarnava perfettamente lo spirito del tempo. Arp vi portò la sua vena poetica, il suo amore per le forme spontanee e organiche, la sua capacità di trasformare il caso in arte.

Terminata l’esperienza dadaista, si avvicinò alla poetica surrealista, mantenendo però una propria autonomia. La sua ricerca artistica non mirava a riprodurre la realtà visibile, ma a coglierne la forza generatrice: cercava quelle che chiamava forme neutre, entità senza tempo né identità precisa, che potessero evocare insieme elementi naturali e visioni interiori.

Nel 1930 cominciò a realizzare i celebri papiers déchirés – collage ottenuti strappando la carta a mano, lasciando che la forma nascesse spontaneamente, come in un atto naturale. Le sue opere, da quel momento, si fecero sempre più plastiche, piene, quasi sculture vive che sembravano respirare. Non erano mai rappresentazioni dirette, ma allusioni a foglie, corpi, nuvole, conchiglie: frammenti di un mondo organico in perenne trasformazione.

La sua carriera lo portò a realizzare opere monumentali che oggi punteggiano il mondo: la scultura in legno per la Harvard University (1950), il bronzo Berger de nuage per l’Università di Caracas (1953), e il grande rilievo murale per la sede dell’UNESCO a Parigi (1958). In ciascuna di esse, Arp riuscì a condensare il senso di armonia e movimento che era alla base della sua visione.

Hans Arp morì a Basilea nel 1966, lasciando dietro di sé un corpus di opere che continua a sfidare le categorie e a parlare un linguaggio universale, quello delle forme essenziali e dell’immaginazione senza confini. Era poeta oltre che scultore, creatore di mondi più che semplice artista: un uomo che sapeva ascoltare il ritmo segreto della natura e tradurlo in materia, rendendo eterno ciò che, per sua natura, è destinato a mutare.



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