Josef Albers – Il maestro dei colori e delle forme
Il 19 marzo 1888, a Bottrop, in Germania, nasceva Josef Albers, destinato a diventare una figura cardine dell’arte astratta e della teoria del colore del XX secolo. Fin da giovane mostrò una curiosità inesauribile per la forma, il segno e la luce, qualità che lo portarono a studiare pittura a Berlino, Essen e Monaco di Baviera, immergendosi nei fermenti artistici dell’epoca.
Il 1920 segnò una svolta decisiva: Albers entrò nel Bauhaus di Weimar, la celebre scuola che univa arte, artigianato e architettura in una visione nuova e radicale. Cinque anni più tardi, quando il Bauhaus si trasferì a Dessau, non era più solo uno studente: era diventato professore.
La ricerca di instabilità nella pittura
Negli anni del Bauhaus, le opere di Albers si posero un obiettivo chiaro: sovvertire il carattere statico della pittura, restituendo alle forme una vibrazione instabile, una tensione interna capace di mettere lo spettatore in dialogo attivo con l’immagine. Per ottenere questo risultato, sviluppò un linguaggio personale fatto di modelli geometrici astratti ripetuti e di un uso quasi esclusivo dei colori primari.
Non si limitò alla pittura: realizzò stampe, progetti di mobili, lavori in metallo, ma soprattutto collage di vetro colorato. In questi ultimi, la luce non era semplicemente un elemento esterno, ma diventava materia viva: le superfici trasparenti e colorate mutavano continuamente aspetto a seconda dell’illuminazione, creando un’opera in costante metamorfosi.
L’esilio forzato e la nuova vita negli Stati Uniti
Il 1933 fu un anno drammatico per la cultura europea: con l’avvento del nazismo, il Bauhaus venne chiuso. Per Albers, questa interruzione forzata significò un cambiamento radicale di vita. Insieme alla moglie, Anni Albers, artista tessile di grande talento, emigrò negli Stati Uniti.
Nel 1939 divenne cittadino americano e iniziò a insegnare in Carolina del Nord, esperienza che proseguì fino al 1949. La sua didattica, fondata sulla sperimentazione diretta e sulla riflessione teorica, formò una generazione di giovani artisti destinati a lasciare il segno.
Nel 1950, Albers si trasferì a New Haven per insegnare all’Università Yale, dove rimase fino al 1958, anno del suo ritiro dall’insegnamento.
L’indagine sistematica sulla percezione
Durante gli anni statunitensi, Albers intensificò la sua ricerca pittorica. Realizzò serie di dipinti geometrici tra loro simili, studiati per creare effetti di ambiguità percettiva: piccole variazioni di forma e colore che inducevano lo spettatore a mettere in dubbio la stabilità di ciò che vedeva.
Fra tutte le sue creazioni, la più celebre è senza dubbio “Omaggio al quadrato”, serie iniziata nel 1949. Si tratta di composizioni fatte di semplici quadrati sovrapposti, dipinti in tonalità diverse per generare un effetto ottico di profondità. L’apparente semplicità formale nasconde un’indagine rigorosa sugli effetti del colore, sulla loro percezione e interazione.
Il teorico e il maestro
Oltre a essere un artista, Albers fu un importante teorico dell’arte astratta. Tenendo conferenze e pubblicando libri e articoli, cercò di svelare la “logica intrinseca” che governa i colori. La sua influenza fu determinante per generazioni di artisti, contribuendo a porre le basi teoriche dell’Op art.
Nel corso delle sue ricerche sull’arte ottica, collaborò anche con artisti italiani, fra cui Getulio Alviani. Come insegnante, lasciò un segno indelebile: tra i suoi allievi figurano Richard Anuszkiewicz, Alan Fletcher, Eva Hesse, Robert Rauschenberg, Kenneth Noland, Robert Motherwell, Ray Johnson e Susan Weil.
Gli ultimi anni
Anche dopo il ritiro dall’insegnamento, Albers continuò a dipingere e scrivere a New Haven, sempre insieme alla moglie Anni. La loro casa era un laboratorio creativo in cui il dialogo tra le arti visive era costante.
Josef Albers si spense il 26 marzo 1976, lasciando un’eredità immensa non solo nelle sue opere, ma anche nel pensiero di chi aveva avuto la fortuna di studiare con lui.
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